Il funambolo come metafora della vita e dell’amore

20 Settembre 2022



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Nel 1974 un uomo camminò su un filo teso tra le due torri gemelle del World Trade Center di New York, e arrivò dall’altra parte, senza cadere. Philippe Petit è l’artista autore di questa performance e recentemente di uno scritto dal titolo il Trattato di Funambolismo. Nella prefazione si legge : « Il filo non è ciò che si immagina. Non è l’universo della leggerezza, dello spazio, del sorriso. È un mestiere sobrio, rude, scoraggiante». Queste parole di Petit possono descrivere anche il mestiere di vivere, o meglio, di vivere ognuno con una propria filosofia di vita. Il filo che ci guida e che seguiamo, la nostra esistenza, è percorribile in molti modi. Decidere di andare da un punto a un altro, sopra un baratro, è una scelta che rende artigiani della congiunzione, ovvero capaci di completare un percorso. La partenza e l’arrivo, al di là del filo, sono due opposti. Per unirli facciamo quel tragitto costoso, che sfida il limite ultimo, la morte. Perché ? Penso che la risposta stia proprio nel congiungere. Il funambolo sa di poter cadere, ma cammina ugualmente, provando la sensazione dell’equilibrio. Questo momento di armonia totale tra opposti, il punto di equilibrio, dove l’asse interiore è lì a sostenerci, persino nel vuoto, ebbene questo momento è vitale. Ci fa sentire tutta l’avventura della vita « e il suo travaglio », come ha scritto il poeta Eugenio Montale. Amare non è forse un rischio altrettanto grande, una ricerca di equilibrio, l’unire, il raggiungere ? L’avventura di amare è una camminata sopra l’abisso, tanto che pochi ne vogliono davvero fare l’esperienza. Il rischio di cadere non piace, si cercano punti di appoggio certi e solidi. Questo però significa stare fermi, e cioè, non intraprendere l’avventura di raggiungere un’altra parte che è ignota. L’amore è movimento verso una parte sconosciuta di noi stessi, mentre tendiamo verso quel luogo di incertezza e spazio inquietante che è l’altro. L’amore è’ un’intuizione guida che ci permette di amare in questo modo, dandoci la convinzione che ciò che sta al di là della traversata è importante al punto da non poter essere tralasciato. Anche sapendo che non verrà forse mai raggiunto.   

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Claretta Ajmone

Clara Ajmone, psicologa clinica e psicoterapeuta, ha lavorato per più di trent'anni in ambito psichiatrico, nelle Strutture Territoriali e Ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale. Fino al 2009 è stata Responsabile della Struttura di Psicologia dell'Ospedale di Niguarda, dove ha svolto attività di Psicoterapia individuale, familiare, di coppia e di gruppo. È stata didatta e tutor per psicologi allievi di varie scuole di psicoterapia.

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