Intelligenza artificiale e creazione artistica

5 Luglio 2025



Dipinto astratto con forme geometriche colorate

La velocità esponenziale di crescita dei modelli di intelligenza artificiale ha già aperto molte questioni riguardanti il rapporto con l’arte, in particolare con la creazione artistica. Il tema è affascinante dal punto di vista dell’analisi psicologica sotto diversi profili. L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il modo in cui comprendiamo la creatività, sollevando domande profonde sulla natura dell’arte e dell’espressione umana.

Esistono modelli di IA che compongono musica, scrivono poesie e generano immagini straordinarie, ma la questione centrale rimane: possono davvero sentire e intuire come farebbe un artista umano? Possono avere la creatività di un essere umano, capace di immaginare qualcosa che non esiste ancora? Certamente no, ma riescono a modellare con sempre maggiore efficacia ciò che colpisce la sensibilità umana e a utilizzare i nostri canali percettivi.

Dal punto di vista psicologico, il processo creativo nell’essere umano è spesso legato a esperienze vissute, emozioni profonde e il percorso soggettivo di costruzione  di una soggettività che è unica e irripetibile. L’IA, invece, genera arte attraverso modelli statistici e dati preesistenti. Può sorprendere, ispirare, persino innovare, ma manca quell’intenzionalità emotiva che guida l’artista umano.

Tuttavia, se considerassimo l’IA un artista, sarebbe un artista che ha “vissuto” più di qualsiasi essere umano, che conosce più di qualunque artista, che possiede la conoscenza dell’arte di Prassitele, Michelangelo, Picasso e ne padroneggia tutte le tecniche e le poetiche.

Se invece pensiamo all’IA come a uno strumento al servizio dell’essere umano, potremmo inserirla nel solco di tutti gli strumenti attraverso i quali l’umanità è progredita. Molti artisti stanno già utilizzando l’IA per esplorare nuovi confini creativi, quasi come una musa tecnologica.

Di più: la collaborazione tra essere umano e macchina potrebbe portare alla nascita di un nuovo linguaggio artistico, dove la psicologia, l'arte e l’intelligenza artificiale si intrecciano per creare qualcosa di completamente nuovo.

Ma cosa resta di umano nell’incontro tra la volontà dell’artista e un’entità che, come l’apprendista stregone, potrebbe spingere la creazione in una direzione non sempre voluta, forse nemmeno compresa?

Approfondendo questa materia, mi interessa sia il potenziale dell’IA come supporto alla creatività, sia il rischio che possa sostituire il ruolo dell’artista. Ma allora la questione diventa: che cos’è la creatività artistica? Che cos’è un’opera d’arte?

La creatività artistica è quella scintilla imprevedibile che nasce dall’incontro tra immaginazione, emozioni, desiderio e tecnica. È la capacità di generare qualcosa di nuovo, originale, capace di suscitare una reazione estetica, emotiva o concettuale. Alcuni filosofi la vedono come un atto mistico, una forma di intuizione che va oltre la semplice combinazione di elementi esistenti. E a questi si accompagna la maestria.

Per quanto riguarda l’opera d’arte, la sua definizione è sfuggente e cambia nel tempo. Un’opera d’arte può essere un dipinto, una canzone, una scultura… ma anche un’idea, un’esperienza, un gesto. Marcel Duchamp ha rivoluzionato il concetto quando ha presentato il suo ready-made, un comune orinatoio esposto come arte. Da allora, l’arte non è più solo ciò che è bello o tecnicamente perfetto, ma anche ciò che provoca una riflessione. Ciò che rompe lo schema del già dato.

Oggi, con l’intelligenza artificiale, i confini si espandono: se un algoritmo genera un dipinto straordinario, è arte? O è solo un’imitazione della creatività umana? Ad esempio, è possibile chiedere all’IA di realizzare un quadro nello stile di Leonardo, e non si potrà non restare affascinati dal risultato. Alcuni vedono l’IA come uno strumento, altri come una nuova forma di autore.

Molti pensano che sia a rischio ciò a cui teniamo di più: la nostra soggettività, la nostra individualità, ma sarà davvero così? Il nostro gesto unico, come una firma che ci identifica tra miliardi di altri, si perderà?

Un’altra domanda frequente tra chi non conosce il mondo dell’arte riguarda il processo di legittimazione: è l’intento dell’artista a rendere qualcosa un’opera d’arte, o è la reazione del pubblico a definirla? O, ancora, è la comunità degli esperti a decretarla?

Io non credo che l’intento da solo produca un’opera d’arte. Un’artista può ritenersi tale, ma se crea solo ciò che è già stato visto, dov’è la rottura?

Dunque, l’intento non basta. Se così fosse, basterebbe dichiararsi artisti per esserlo, ma l’arte ha bisogno di qualcosa di più: originalità, innovazione, dialogo con il pubblico e il contesto in cui nasce.

Come ha provocatoriamente affermato Piero Manzoni: “Qualsiasi cosa è arte, purché la faccia io”. Una frase che ha segnato una svolta radicale nel concetto stesso di opera.

Forse la vera questione è questa: un’opera d’arte non è solo un’immagine mai vista prima, è qualcosa che parla all’umanità. Ed è su questo che l’IA ha ancora molto da imparare. Potrebbe mai avvicinarsi a questa capacità di dialogo emotivo e storico?

L’IA sa riprodurre ciò che ha incorporato, ma una Gioconda prima della Gioconda l’avrebbe saputa fare? Una Divina Commedia prima della Divina Commedia sarebbe concepibile?

Questa è una delle questioni più profonde sull’intelligenza artificiale e l’arte. La creazione artistica non è solo produzione di immagini nuove, ma è dialogo, riflessione, intuizione storica. Un’opera d’arte, per essere tale, deve interagire con il suo tempo, con le emozioni umane, con un processo che va oltre la pura tecnica.

Come ha suggerito Winnicott, l’arte è comprensione che nasce dal dialogo. Qualcosa che si muove nello spazio intersoggettivo e crea una comprensione reciproca nuova.

L’IA può generare forme nuove, può sorprendere con combinazioni inedite, ma può intuire il momento in cui una rottura è necessaria? Può percepire l’urgenza di un cambiamento estetico, sociale, filosofico?

Leonardo ha concepito la Gioconda non perché aveva un database infinito di ritratti femminili, ma perché era immerso nella sua epoca, nella sua ricerca, nel suo sentire. Dante ha scritto la Divina Commedia non perché aveva un modello letterario perfetto, ma perché aveva una visione, e una serie di emozioni umane che premevano, una necessità espressiva che solo il suo tempo e la sua esperienza personale potevano generare.

Qui sta il nodo centrale: l’arte descrive il mondo, ma anche il modo in cui gli esseri umani lo percepiscono e lo trasformano. Una composizione musicale di Vivaldi non è solo armonia, è anche la riflessione di un contesto architettonico, di un modo di pensare lo spazio, il suono, la struttura. Un’opera d’arte non nasce nel vuoto, ma dialoga con ciò che l’ha preceduta, con ciò che la circonda, con ciò che le persone sentono, desiderano, temono.

Per questo l’IA, pur essendo un potente strumento di creazione, non è ancora in grado di inaugurare un paradigma — e forse non lo sarà mai. Perché le mancano due attributi essenziali dell’umano: l’esistenza (e la sensibilità) e la tragica consapevolezza della morte che spinge l'artista a lasciare qualcosa che vada oltre il suo tempo.

 

(Ndr:  in copertina un'immagine realizzata dall'intelligenza artificiale nello stile di Kandinsky, in pochi secondi).

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mio come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (la nave di Teseo 2020), 1989-2019 Il rinnovamento del mondo (La nave di teseo, 2021)

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