Anni Venti del Novecento, Indocina. Lei è una ragazza francese, frequenta un collegio femminile a Saigon. La famiglia, in seguito a degli investimenti sbagliati, è caduta in povertà; lui è un uomo cinese quasi trentenne, ricchissimo, raffinato, gentile. Dal primo momento che si vedono tra di loro scatta una mutua comprensione: lui si innamora follemente, lei sa che ne diverrà l’acerba amante. Lei ha solo quindici anni, è poco più che un’adolescente, ma il vissuto di dolore famigliare la ha fatta maturare precocemente, come precocemente comprende che desidera affrancarsi dalla famiglia ed esplorare ciò che l’amore può offrirle. Inizia tra i due una relazione erotica che durerà quasi due anni, clandestina, appassionata, impossibile, che non potrà mai sbocciare in un progetto di vita insieme. “Fin dai primi giorni, sapendo che è impossibile un avvenire in comune, eviteremo di parlare dell’avvenire”, ricorda l’io narrante. Ma l’impossibilità del compimento dell’amore, invece di determinarne la fine prematura, ne amplifica la violenza della passione, del dolore, dell’erotismo. Questa è la trama del celebre romanzo autobiografico, L’amante (1984), di Marguerite Duras.
Gli amanti passano la maggior parte del tempo nella garçonnière dell’uomo, dove fanno l’amore appassionatamente e febbrilmente, dove si parlano col corpo, con gli sguardi, con i pianti, con i racconti della loro vita. In quello spazio possono dimenticare la realtà esterna, le differenze di cultura, di età, di status, gli ostacoli che le famiglie e il mondo rappresentano. In quello spazio spariscono le coordinate geografiche e temporali: é il loro giardino segreto che li protegge dalla forza implacabile della vita reale. Nel momento in cui l’uomo cercherà di aprirne le porte, di creare un accesso alla realtà esterna, il giardino verrà inesorabilmente devastato, depredato e ciò accelererà la fine della relazione.
In un impeto di coraggio, infatti, l’uomo supplicherà il padre di poter amare la sua bambina bianca. “Gli aveva chiesto di lasciargliela amare ancora (…) perché era impossibile dimenticare così presto quell’amore, era ancora troppo nuovo, troppo forte, troppo impregnato della sua violenza nascente”. Ma il padre sarà irremovibile. L’uomo dovrà sposare una donna cinese del suo status al quale è già stato promesso. L’amante cinese è veramente innamorato, è attratto dalla ragazza e dal mondo occidentale che lei rappresenta. Ma non è capace di ribellarsi al padre. Deve rinunciare all’amore. “Scopro che non ha la forza di amarmi contro il volere del padre, di prendermi, di portarmi via. Piange perché non trova la forza di amarmi al di là della paura. Il suo eroismo sono io, il suo servilismo è il denaro paterno”. La ragazza, dal canto suo, vivrà una profonda infatuazione erotica. Vive intensamente il piacere fisico, le cure che lui dedica al suo corpo; lo presenterà alla madre e ai fratelli mentendo sulla natura sessuale del loro legame. Di fronte ai familiari non gli parla, lascia che loro lo sfruttino e lo umilino. Non parla mai dei propri sentimenti, perché non penserà mai di essere innamorata: ne è attratta perché l’uomo è gentile, perché si prende cura di lei, perché la sua ricchezza le permette di alleviare la povertà. Solo una volta sulla nave per la Francia, piangendo di nascosto, si chiederà quale fosse la reale natura di ciò che la univa all’uomo. “… e tutto a un tratto non era più sicura di non averlo amato, solo che quell’amore non l’aveva visto perché si era perso nella storia”.
Spesso la lontananza, il distacco rivela la reale natura dei sentimenti che si provano. E quella sensazione di profonda nostalgia permane, si incarna nel corpo, nelle viscere, sulla pelle. Come descrive la Duras: “Tra i diciotto e i venticinque anni il mio viso ha deviato in maniera imprevista. Sono invecchiata a diciott’anni. (…). È stato un invecchiamento brutale. L’ho visto impossessarsi dei miei lineamenti a uno a uno, alterare il rapporto che c’era tra di loro, render gli occhi più grandi, lo sguardo più triste, la bocca più netta, incidere sulla fronte fenditure profonde”. La perdita di quell’amore insolito, diverso, impossibile, le si legge sul viso. E, aggiunge: “Quando me ne sono andata, quando l’ho lasciato, per due anni non mi sono avvicinata ad un uomo”. Solo troppo tardi comprende che il legame che la univa all’amante non era unicamente di natura sessuale e il dolore che segue la consapevolezza di quell’ innamoramento non riconosciuto e ormai perduto per sempre necessiterà di lungo tempo per essere elaborato.