L’amore guarisce

11 Maggio 2018



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Come ti amo?/ Lascia che te ne conti i modi./Ti amo fino alla profondità, la vastità e l’altezza/ che l’anima mia può raggiungere allorquando/persegue, irraggiungibili agli sguardi, i fini del bene/e della grazia ideale./ Ti amo al livello delle calme/necessità quotidiane, alla luce del sole ed al lume della candela./Ti amo liberamente come gli uomini intendono al giusto, /Ti amo puramente, come essi/ rifuggono dalle lusinghe. /Ti amo con la passione/ sperimentata nei miei antichi dolori/ e con la fede della mia fanciullezza […]. Così scriveva la più celebre delle poetesse vittoriane Elizabeth Barrett Browning, soprannominata in famiglia Ba, dopo aver provato per la prima volta un sentimento d’amore a quarant’anni, nella sua opera capolavoro “I sonetti dal portoghese”.

Prima d’allora Ba viveva reclusa in casa, vittima di una misteriosa malattia, una sorta di paralisi per cui talvolta era costretta ad utilizzare anche la sedia a rotelle e assumere dosi di oppio per lenire il dolore. Tutta la sua vita si svolgeva tra le quattro mura di una benestante casa inglese dove un padre padrone, vedovo, teneva i suoi figli in una condizione di dorata sudditanza, impedendo loro di sposarsi. L’unica sua espressione esterna era la poesia, per cui era considerata un’esponente nota e raffinata del mondo letterario britannico. Tutto sembrava cospirare per rendere Ba un’altra Emily Dickinson, non particolarmente bella e nubile a vita, quando poco prima di compiere quarant’anni, un promettente poeta inglese, Robert Browning, di sei anni più giovane, irrompe come un fulmine a ciel sereno nella sua vita, istaurando con lei un’appassionata corrispondenza letteraria che si trasforma in uno degli amori più intensi della storia della letteratura mondiale. I due , dopo un anno e mezzo di lettere vibranti e amorose, si conoscono di persona e decidono di sposarsi e di fuggire assieme in Italia, a Firenze, in quella “Casa Guidi”, vicino a Palazzo Pitti che oggi è un museo dedicato alla loro memoria. Ba è trasfigurata dall’amore per Robert: si veste di colori accesi, cambia acconciatura, cammina, viaggia in Inghilterra e in Francia, lo segue nelle passeggiate in Toscana (seppur con riguardo alla sua salute cagionevole) e riesce persino ad avere con lui un figlio, Pen, all’età di 43 anni. Chi l’avrebbe mai ipotizzato per una donna all’epoca considerata di mezz’età semiparalitica e malata ai polmoni?

L’amore può quindi guarire? In alcuni casi sì. È dimostrato che chi ama ed è amato vive più di chi è solo. Ma non solo: l’amore è una rivoluzione psichica e fisica: rivitalizza, fa riemergere l’energia che è in noi. Succede spesso che chi è innamorato splenda, che la sua pelle diventi più lucente, che le forze ritornino, che le difese immunitarie si rafforzino. E il momento dello stato nascente dell’amore, quello della fiamma dell’innamoramento è il più potente. Ci innamoriamo quando siamo stanchi dalla vita che conduciamo nel presente, quando ci sentiamo oppressi, tarpati, limitati nelle nostre possibilità e, contemporaneamente, quando siamo pronti a mutare. Facciamo cose mai fatte prima, diventiamo leoni, si moltiplicano le energie: tutto il corpo e tutta l’anima si espandono per inseguire il proprio amore e nessun ostacolo sembra insormontabile.

Elizabeth, dopo una vita di soli studi e malattie, è inquieta, si dibatte in lacerazioni interne. E’ pronta per saltare sul cavallo del suo amato per fuggire e andare incontro a una vita più autentica.

Anche Robert Browning, prima di conoscere Elizabeth, è un autore in crisi, incompreso dal suo tempo per l’oscurità avanguardistica dei suoi scritti. Troverà il coraggio di rapire Elizabeth con un imprevisto coup de theatre, molto chiacchierato, e di rivoluzionare così anche la sua vita. Con Elizabeth troverà una compagna con cui condividere la sua immensa cultura e la forza della loro coppia gli darà la spinta fondamentale per diventare uno dei più celebrati autori inglesi della storia.

I Browning’s sono una delle coppie più note e amate della letteratura mondiale. Trascorreranno quindici anni di vita insieme di autentico affiatamento, di viaggi, impegni artistici e culturali e anche quando Elizabeth si spegnerà per un’insufficienza respiratoria nel 1861, lo farà sul petto dell’amatissimo Robert, con un sorriso di congedo a un’esistenza finalmente piena e felice.

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Giusy Cafari Panico

Giusy Cafari Panico, caporedattrice (email), laureata in Scienze Politiche a indirizzo politico internazionale presso l’Università di Pavia, è studiosa di geopolitica e di cambiamenti nella società. Collabora come sceneggiatrice con una casa cinematografica di Roma, è regista di documentari e scrive testi per il teatro. Una sua pièce: “Amaldi l’Italiano” è stata rappresentata al Globe del CERN di Ginevra, con l’introduzione di Fabiola Gianotti. Scrittrice e poetessa, è direttrice di una collana editoriale di poesia e giurata di premi letterari internazionali. Il suo ultimo romanzo è “La fidanzata d’America” ( Castelvecchi, 2020).

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