Le Olimpiadi 2026 e i circoli virtuosi

8 Luglio 2019



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La ricerca dell'eccellenza

Dopo l’emozione nel sentire che la candidatura dell’Italia ai giochi Olimpici invernali del 2026 era stata premiata e l’Italia aveva avuto la meglio sulla Svezia, mi sono venuti in mente tutti i tentativi che il nostro Paese, e Milano in particolare, hanno fatto ultimamente per affermare il loro posto di eccellenza in Europa e nel mondo.  Fra questi, le richieste di scegliere il capoluogo lombardo come sede di Expo 2015, dell’Agenzia europea del farmaco (EMA), poi del Tribunale europeo dei Brevetti, il cui esito è ancora in corso.

Ma cosa è successo a Milano dopo decenni di immobilità? Per rispondere al quesito dovremmo pensare ai cosiddetti “circoli virtuosi”, un fenomeno ben noto in sociologia anche se di solito si parla di “circoli viziosi”. Circoli che si possono trasformarsi in spirali verso l’alto o verso il basso mano a mano che si accentua il peso dei fattori – positivi o negativi -in questione.

 

Circoli viziosi e circoli virtuosi

Le prime ricerche a proposito dei circoli viziosi erano state fatte fra le due guerre, dallo studioso e politico svedese Gunnar Myrdal (1898-1987) che era riuscito a spiegare che paradossalmente erano il pregiudizio e la discriminazione che i bianchi mostravano verso gli afroamericani, una delle cause stesse del loro permanere in condizioni di inferiorità. L’impossibilità di accesso a scuole, a quartieri e a posti di lavoro prestigiosi toglievano loro la possibilità di inserirsi negli ambienti di successo giustificando e rafforzando così il pregiudizio dei bianchi che li consideravano incapaci di farsi strada nella vita. Pregiudizio e condizione di inferiorità diventavano l’uno la “causa” dell’altro creando una situazione sociale statica.

Si parla di circoli viziosi della povertà o della criminalità quando chi commette un reato viene etichettato come delinquente. Allora, una volta emarginato dalla società, questo cercherà di farsi “una carriera” in ambienti criminali dando così ragione a chi lo considerava tale.

Allo stesso modo, ci sono i circoli virtuosi. È stato per esempio dimostrato più volte che il rendimento degli studenti è direttamente proporzionale alla stima e al grado di rispetto di cui sono oggetto (effetto Pigmalione). Ma questo vale in ogni ambito: “ti credo in gamba e, proprio per la fiducia che ripongo in te, tu lo diventi”.

 

Milano e il processo virtuoso

Ora, tornando a Milano, che cosa può essere stato il fattore scatenante del processo virtuoso che si è innescato? La crisi economica che ha costretto a ripensare la città e a dare impulsi di rinnovamento economico, sociale, urbano? Il nuovo senso di appartenenza e di orgoglio che ha unito l’opera di politici, imprenditori e cittadini? La nuova immagine di Milano anche come città turistica o centro agricolo? O cosa altro ancora? Potremmo continuare a lungo, ma non è questo il nostro tema.

Ora possiamo solo constatare che il coraggio che ci ha portato a candidarci all’Expo 2015 grazie anche alla fiducia allora accordataci dallo Stato, e il successo che ne è derivato, si sono posti come acceleratori di progetti e iniziative che a loro volta non fanno che rafforzare il ruolo e l’immagine della città in Italia e nel mondo e a indurre la città a sperimentare strade sempre più nuove e ambiziose e a decisori e investitori darci credito.

 

Gli ideali diventano progetti

Ma fino a quando potremo continuare con questo ottimismo e con la fiducia che saremo in grado di fare ogni cosa? La risposta ci viene proprio da esperienze di circoli virtuosi – o anche viziosi -precedenti. I circoli si spezzano quando intervengono eventi interni (valori o ideologie contrarie, sfiducia, paure, ecc.) o esterni (crisi economiche, sconvolgimenti politici, minacce terroristiche, catastrofi ambientali, mutamenti a livello globale, ecc.) in grado di influenzarsi a vicenda. Insomma, la spirale che ci porta a pensare sempre più in grande e a realizzare cose sempre più grandi continuerà il suo percorso finché tutti gli attori sociali coinvolti continueranno a crederci e a operare perché i valori e gli ideali si trasformino in progetti concreti e questi si innestino in modo efficace e sostenibile nel contesto sociale. Ormai, non è più possibile adagiarsi e pensare che la meta è stata raggiunta, occorre mettersi in gioco continuamente e lottare contro ogni possibile minaccia se si vuole evitare uno stallo o un’inversione di rotta

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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