Icona di bellezza e di seduzione.
Lina Cavalieri era la donna più bella del mondo, la massima testimonianza di Venere in terra, (cit. D’Annunzio).
Tutti la bramavano, tutti se ne innamorarono ma nessuno seppe amarla. Lei viveva la sua passione incondizionata per la sua arte. Nel suo cuore c’era spazio solo per il canto, che le aveva cambiato la vita, che l’aveva strappata alla miseria.
Natalina Cavalieri, trasteverina, classe 1875, è la prima di quattro figli. Ancora piccola deve darsi da fare per aiutare la famiglia e sostituire la cagionevole madre Teonilla nella cura dei fratellini. Lina fa la fioraia, l’apprendista sarta e la piegatrice di giornali.
Grazie alla sua abitudine di cantare, anche mentre lavora, viene notata dal Maestro Arrigo Molfetta e, su insistenza della madre, questi le dà lezioni. Oltre a occuparsi del bel canto e della bella voce di Lina, l’uomo si prende cura anche della sua “virtù”. Appena sedicenne Lina dà alla luce un bambino. Alessandro sarà cresciuto in seno alla famiglia di lei, con gli aiuti economici del Maestro.
Quando il bimbo ha tre anni, Lina debutta come cantatrice, in un piccolo teatro di Roma, in piazza Navona, poi al teatro Orfeo, e infine al Diocleziano.
La sua carriera decolla, arrivano i primi contratti, la sua beltà fiorisce prepotente contribuendo al suo successo. La sua bravura è secondaria all'appariscente bellezza. Nonostante le sue origini modeste, il suo portamento e i suoi modi risultano pomposi, da chanteuse. Da Napoli a Parigi raccoglie consensi e diventa icona della Belle Époque francese. È del 1906 la chiamata oltreoceano, con l’opera lirica Fedora, al Metropolitan Opera di New York, al fianco di Enrico Caruso. Di quella performance ciò che resta vivido nelle cronache è il lungo bacio appassionato e scandaloso, in scena, tra lei e Caruso.
The kissing primadonna, titolarono i giornali.
Il suo talento canoro, la sua estensione vocale non sono mai sensazionali ma il pubblico accorre per vederla. Lina è splendida, la sua sensualità riempie la scena, azzerando ogni imperfezione. Sul palcoscenico è irraggiungibile.
Lei, venere mammaria dal volto enigmatico, sa scatenare passioni di ogni tipo.
Ha una parentela con le grandi mondane ma è ammessa nell'élite, ne diviene parte, anzi regina. Suscita la gelosia delle colleghe. Una rivale, la sfida a duello. Lei, scandalosamente pratica e sfrontata, è agile nel duellare in pantaloni aderenti e corpetto che nulla lasciano all'immaginazione. L'altra, la rivale, conformata all'eleganza, ondeggia in un sontuoso vestito a campana, sotto un cappello piumato. È veloce e scattante Lina e, in un affondo, taglia la gonna alla rivale che, sconfitta e umiliata, resta in mutande.
Lina Cavalieri è simbolo di eccezionalità. È corteggiata da principi e milionari, da poeti e da artisti di successo. Fuori dalla scena è alla loro portata. Gli uomini celebrano e omaggiano la corposità del suo apparire. Il suo camerino trabocca di fiori, rose rosse e orchidee. Nell'euforia di un'epoca memorabile per innovazione e cambiamento, Lina Cavalieri è certamente una delle più magnificate figure femminili. È moderna, è intrigante, è desiderata.
Sono più di ottocento le proposte di matrimonio che riceve: sette tra i respinti si suicidano.
Amo gli uomini come amo la vita, come amo la natura
Nella maggioranza dei casi, Lina reputa i suoi uomini inferiori a quel che credevano o sentivano di valere. I primi tre matrimoni finiscono perché i mariti le chiedono di abbandonare il Teatro, per dedicarsi a loro. Il quarto marito è anche lui tenore. Non le chiede di rinunciare a nulla. È lei stessa che inizia ad allontanarsi dal Teatro per dedicarsi al cinema. Il matrimonio finisce, ma per un altro uomo.
Il consenso del cinema è tiepido. Di sette film nessuno le rende giustizia.
La sua immagine si appiattisce, la diva perde quella funzione tattile che il Teatro le conferiva. Non ci sono più i camerini, le rose, le orchidee, non c'è più l'euforia di un pubblico in adorazione.
Mi ritiro dall’arte senza chiasso dopo una carriera forse troppo clamorosa
A 55 anni, lascia la gestione di tutti i suoi beni al figlio (che lei ha sempre tenuto al riparo dalla fama) e si ritira in una villa a Castel San Benedetto, nel reatino. Quasi sessantenne, incontra Arnaldo Pavoni, un avvocato (più giovane di lei di sedici anni). Lina con lui trova finalmente l’amore e la felicità.
L’amore è tardivo e arriva solo quando lei si è scollegata definitivamente dal Teatro.
Il Teatro rappresenta la salvezza (dall’antica miseria) e solo quando è certa che quella miseria non tornerà (o ne percepisce di nuovo l’odore) Lina si ferma. Si libera da ciò che le riempie la vita. Fino ad allora non poteva esserci spazio per altro sentimento.
Il teatro, per come si dice in gergo: "dà molto ma toglie tutto". Non poteva essere messo in discussione dai suoi uomini che in Teatro l’avevano vista, applaudita e apprezzata, e se ne erano innamorati.
Il Teatro era lo scenario delle sue relazioni amorose, il luogo in cui lei esibiva in tutta la sua magnificenza e dove, in mezzo a una calca di corteggiatori i mariti l’avevano corteggiata e con caparbia conquistata. Dunque, nessuno dei suoi uomini poteva sperare che lei cambiasse, e diventasse un’altra donna, con altri interessi, con altre passioni o peggio nessuna.
Lina Cavalieri era un fenomeno impossibile da arginare.
È solo quando lei stessa interrompe il suo legame con il Teatro e si mette al riparo dalla carriera che fa i conti con la vita, con il suo essere Donna, madre, compagna.
Piero Fornasetti trovò fotografie di Lina Cavalieri in una rivista francese di fine ‘800 e ne rimase affascinato, facendone la sua musa.
Dando forma e immagini alla sua collezione “Tema e Variazioni”, in 350 pezzi rende omaggio al suo volto enigmatico.