Il mondo virtuale che ruolo avrà nelle relazioni future?

9 Maggio 2021



Il mondo virtuale che ruolo avrà nelle relazioni future?
Il mondo virtuale che ruolo avrà nelle relazioni future?

Che l’uso del digitale abbia apportato grandi mutamenti negli spazi di vita domestica consentendo la sovrapposizione di diverse funzioni – lavoro, scuola, vita sociale, divertimenti, ecc. – è ormai un dato di fatto. Infatti, se analizziamo gli strumenti che ci hanno permesso meglio di riconvertire le nostre vite e di mantenere al tempo stesso i legami con il mondo, il digitale è certamente uno di questi.

Nei momenti di maggiore isolamento fisico, la rete e i social ci hanno permesso di aprirci a ciò che accadeva nel mondo, di ottenere informazioni, di farci compagnia nel tempo libero, di mantenere le relazioni, di esprimerci, di far sentire la nostra voce.

Bastino pochi esempi a proposito.

Netflix ha registrato un balzo netto tra l’ultimo quadrimestre del 2019 e il primo del 2020 passando da 167,09 milioni di abbonati a pagamento nel mondo a 182,86 milioni fino a raggiungere i 207,64 milioni nel primo quadrimestre del 2021.

Riguardo alle app di incontri, a quanto riporta AdviseOnly nel febbraio 2021, solo in Italia il 19,8% della popolazione adulta, che corrisponde a 7,3 milioni di persone, usa almeno un’app di incontri e sempre più coppie si sposano dopo essersi incontrate online. E pensare che, con l’avvento della pandemia, non si avrebbe scommesso sulla sopravvivenza di siti come Tinder, Ok Cupid, Meetic, solo per citare i più noti. Veniva spontaneo chiedersi a cosa può servire una app di incontri se non ci si può incontrare. Invece, la frequenza di utenti in queste app è aumentata enormemente. Per esempio, nel marzo 2020, mentre il mondo entrava nel primo lockdown, Tinder ha fatto registrare il suo record di swipe (lo scorrimento dei potenziali partner a cui accordare o meno la preferenza), raggiungendo i 3 miliardi in un singolo giorno.

La duttilità del digitale

È allora che la duttilità delle funzioni del digitale si è potuta constatare. Invece che fissare appuntamenti, ora si trattava di scambi on line più lunghi dove prendere un happy hour virtuale insieme, o guardare e commentare un film ciascuno nelle proprie case. Secondo l’associazione Singles in America, durante la pandemia, il 63% degli utenti delle app di incontri ha dedicato più tempo a conoscere meglio le persone contattate e il 69% ha dichiarato di aver avuto un approccio “più sincero”.

Il tema della “sincerità” virtuale mi richiama alla mente i risultati della prima ricerca sugli incontri on line svolta con l’équipe dell’Università IULM oltre vent’anni fa, nel 2000, quando le persone che cercavano l’anima gemella in rete erano ancora relativamente poche e ci si chiedeva che cosa le spingesse ad affidarsi a tale mezzo. Già allora, si erano ottenuti dei risultati che avevano smentito i pregiudizi ricorrenti. Innanzitutto, gli intervistati che si erano innamorati via Internet, non erano senza relazioni positive reali, anzi, più di metà (60%) aveva molti amici, mentre solo l’8% riteneva di averne pochi. Più di tre quarti (78%) avevano anche un amico o un’amica del cuore con cui confidarsi. E più di un quarto (26%) aveva già una relazione sentimentale in corso nel mondo reale.

Che cosa li spingeva allora a cercare l’anima gemella proprio in rete? Oggi, l’uso delle app è così diffuso, che reale e virtuale convivono strettamente e questa domanda non ce la poniamo più, anche se forse dovremmo continuare a farlo. Allora, invece, rispetto a oggi, le motivazioni di rottura con la realtà quotidiana erano più forti e le avevamo classificate in due categorie principali: i push-factor costituiti soprattutto da una ricerca di evasione dalla vita di tutti i giorni, spesso percepita come limitata, noiosa, negativa, e i pull-factor, che spiegano perché si sia attratti verso il mondo virtuale, la novità spesso idealizzata. A questo proposito ci era parso curioso che più di un intervistato usava l’espressione “storie vere” per indicare le relazioni che cercava nel mondo virtuale in contrapposizione con quelle vissute nella realtà. Lo schermo permetteva e permette tuttora delle relazioni al riparo dalle interferenze e dalle interruzioni esterne che si possono avere, per esempio, in una discoteca e ci protegge dal contatto e dalla vista a 360 gradi dell’altro lasciando spazio alla privacy, all’immaginazione, alla libera narrazione di se stessi e all’ascolto dell’altro.

Questo aspetto delle relazioni online, inizialmente apprezzato, è stato ripreso con la pandemia quando da agende di incontri, i siti si sono trasformati in stanze dove trascorrere il tempo in compagnia e anche forse dove innamorarsi veramente, come vent’anni fa quando abbiamo sottoposto i nostri intervistati ai test sull’amore di Robert Sternberg e di Francesco Alberoni e, avevamo riscontrato che le caratteristiche dell’innamoramento in rete sono come quelle dell’amore nato nel mondo reale. Le persone provavano gli stessi sentimenti, emozioni, aspettative così come le stesse ansie e delusioni.

Bumble: ribaltiamo il paradigma

Riguardo, invece, al futuro, i responsabili dei siti di incontri sono fiduciosi che sempre più persone si affideranno a loro. Intanto, l’offerta si arricchisce e diventa più variegata. È il caso di Bumble che ha, secondo i suoi stessi intenti dichiarati “ribaltato le regole del gioco nel mondo del dating”, facendo “fare la prima mossa” alle donne.

Fondato nel 2014 in Texas da Whitney Wolfe Herd – la trentunenne ex presidente del marketing di Tinder di cui è diventata presto una consistente concorrente – Bumble ha debuttato a Wall Street l’11 febbraio 2021 con un'offerta pubblica iniziale che ha valutato la società a più di 8 miliardi di dollari, salita poi durante la giornata dell’80%, a una valutazione complessiva vicina ai 14 miliardi di dollari.

Bumble, secondo quanto riporta GQ nel gennaio 2021, afferma che quest’anno almeno un quarto dei single (23%) che si connetteranno alla sua app saranno persone in cerca di un nuovo partner dopo una relazione rotta a causa della pandemia. Inoltre, l’isolamento dei mesi passati porterà a cercare un partner in modo più determinato e diretto senza perdere tempo o indugiare in timori. Dal sondaggio condotto, risulta infatti che almeno il 40% degli utenti è diventato più sicuro di sé nell’esprimere i propri interessi e ciò che non gli piace. E la stessa percentuale intende impiegare più tempo in rete prima di incontrare qualcuno di persona cercando di ottenere più informazioni e aspettando di sentirsi più convinto.

Questi dati sono confermati da Martin Graff, uno psicologo britannico esperto di relazioni romantiche in rete, secondo cui il maggior tempo trascorso in casa e da soli ha permesso alle persone di sapere meglio cosa si aspettano dalla vita e dal partner e le induce a non indugiare, ma a recuperare l’“anno perduto”. La pandemia, inoltre, sembra aver generato un sentimento di speranza più forte che in passato e una maggiore voglia di impegno.

In un post apparso su Psychology Today il 30 marzo 2021, Graff riporta una ricerca dove emerge che a un aumento di ansia e depressione è corrisposto un maggior uso delle app di incontri motivato dal bisogno di conferma della propria autostima. App quindi che rispondono principalmente a una finalità diversa dalla semplice ricerca di un contatto. Uomini e donne socialmente ansiosi, infatti, possono temere di essere valutati negativamente in un contesto faccia a faccia e quindi utilizzano app di appuntamenti allo scopo di ricevere la convalida.

Il fatto poi che siano state più le donne a farlo è spiegabile con le differenze di genere già riscontrate in precedenza nel bisogno e nelle modalità di comunicare e nel maggior uso della tecnologia per scopi di comunicazione rispetto agli uomini così, quando l'interazione sociale faccia a faccia diventa difficile o impossibile, le stesse sono più spinte a utilizzare la tecnologia per scopi di comunicazione rispetto agli uomini.

Mondo reale e mondo virtuale

Infine, se fino a poco tempo fa si contrapponeva il mondo reale a quello virtuale, la comunicazione faccia a faccia con quella via Internet, oggi in tempi normali si è in grado di integrare le due modalità e l’una non esclude l’altra anzi il digitale rende più facili gli incontri di persona e quando questi sono impossibili sopperisce anche se solo in parte alla loro mancanza. E ciò è emerso anche da una ricerca che ho svolto con l’équipe dell’Università IULM alla fine del 2020 da cui si intravede la resistenza delle persone anche dopo mesi di relazioni in maggioranza virtuali a pensare a un futuro fatto solo di quelle. Del resto, la voglia di incontrarsi in strada o nei bar mostrata nei momenti in cui si sono allentate le restrizioni e il boom di prenotazioni nei pub e nei ristoranti inglesi registrato nell’aprile del 2021 che arriva a coprire l’estate, di cui ha ampliamente parlato la stampa, fanno ben sperare sulla nostra capacità di conciliare reale e virtuale traendo il meglio da entrambi.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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