Divorati dall'amore
Mai come nell'ossessione d’amore emerge con tanta prepotenza il nostro lato più tormentato, umbratile, viscerale e per conquistare il cuore dell’amato siamo pronti ad umiliarci, a implorare, a mentire, a diffamare e ingannare, a compiere gli atti più infimi, di cui ci vergogneremmo in qualsiasi altra circostanza. Purché quella fame di amore che ci divora dall’interno si riesca a placare.
Ossessione d'amore
Spesso le ossessioni d’amore si sviluppano quando l’amore non è corrisposto – ad esempio uno solo dei due è innamorato, mentre l’altro è solo infatuato – o, con maggior frequenza, quando la relazione termina e chi viene abbandonato non riesce a rassegnarsi a che l’altro non lo ami più. Dopo la fine di un grande amore, tutti noi ci sentiamo feriti e abbiamo bisogno di un tempo più o meno lungo di lutto per ricomporre i pezzi della nostra vita e poter tornare ad amare. Molti restano così scottati che non riescono a innamorarsi nuovamente per anni. Ma quando non riusciamo ad accettare la fine di un amore e iniziamo a costruire fantasie ossessive e deliranti, non siamo più nel campo dell’amore e del desiderio, ma in quello del possesso e del bisogno. In questi casi la sofferenza e la frustrazione si trasformano in pensieri morbosi, vischiosi, ruminanti e alcuni possono passare ad un’azione molesta e persecutoria nei confronti dell’amato.
Adèle Hugo e il suo demone
Un caso emblematico è quello di Adèle Hugo, figlia del celebre scrittore francese che, non riuscendo ad accettare la fine della passionale storia d’amore con un giovane tenente, sfida l’oceano, inganna la famiglia, si imbarca sotto mentite spoglie per il Canada. Ricongiungersi all’amato diviene il suo pensiero ossessivo.
Giunta ad Halifax inizia a mentire per carpire notizie sul tenente Pinson. Lo pedina, lo perseguita e non esita a dichiararsi pronta a sottomettersi senza dignità pur di riprendere la relazione. “Io andrò dove tu vorrai amore mio, sono pronta ad obbedirti in tutto. Tu lo sai che io ti appartengo, che puoi fare di me tutto quello che vuoi…”. Non sono parole dettate dall’amore, ma dalla sofferenza, perché è ormai accecata dal demone ossessivo che la consuma. L’uomo le dichiara di non amarla più e di non avere l’intenzione di sposarla, ma Adèle non sente ragioni. Inizia a tempestare di lettere la famiglia, chiedendo soldi, supplicando un consenso scritto, mentendo e lasciando credere ai genitori che il tenente la ama ed è intenzionato a sposarla.
La frustrazione
Ma Pinson non le dà speranze neppure di fronte all’esibizione del documento. Adèle passa dalla persuasione al ricatto morale. La sua frustrazione viene alimentata dal rifiuto, per cui più viene respinta, più si ostina a trovare giustificazioni ed escamotage perché lui cambi idea; più lui si nega, più le sfugge, più lei lo desidera e spasima perché torni da lei. La sua fantasia ossessiva non riesce a tenere conto del principio di realtà, perché si è ormai trasformata in una malattia psichica. Un'ossessione d'amore.
E questo la porta a continuare a tessere una fitta rete di menzogne. Quando viene a sapere che l’amato si è fidanzato con la figlia di un giudice, non esita a diffamarlo affermando di esserne la moglie e di aspettare un figlio da lui. Rovina la reputazione e la vita del giovane tenente, tanto che questi, dopo l’ultimo episodio, capisce che l’unico modo di liberarsi dalla persecuzione di Adèle è partire con il suo reggimento.
La follia
Adèle, ormai stremata, folle, sempre più malata fisicamente e psicologicamente lo segue nei Caraibi. Ma la sua mente ormai ha ceduto e finirà i suoi giorni in una casa di cura per malati mentali in Francia.
Oggi Adèle verrebbe etichettata come una stalker affetta da erotomania borderline: non riuscendo a rassegnarsi alla fine della relazione con l’uomo amato, mette in atto una serie di comportamenti persecutori e molesti per difendersi da una ferita emotiva che non si rimargina.
Lo stalking e la violenza oggi
Sono sempre più frequenti i casi in cui l’asimmetria dei sentimenti porta ad una forma di amore tossico e ossessivo. Negli ultimi decenni, dopo il riconoscimento del reato di stalking, vi è stata un’impennata nel numero delle denunce, soprattutto da parte delle donne. Nonostante ciò esiste ancora un senso comune diffuso che tende a sottovalutarne l’impatto sociale: spesso sono i famigliari, gli amici, le istituzioni stesse a dissuadere dal proposito di una denuncia perché finchè la molestia non si tramuta in violenza fisica, si tende a non correre ai ripari. Ma ci si dimentica che l’amore è innanzitutto libertà, non possesso. Non si perseguita, non si usano minacce e violenza con chi si ama, ci spiega Alberoni. Quando ciò avviene si è travalicato senza possibilità di errore quel limite che separa l’amore dalla sua antitesi, l’odio. E i segnali si possono cogliere in tempo, se solo si prestasse maggiore attenzione.