La paradossale forza della fragilità

2 Dicembre 2020



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«Fragilità il tuo nome è donna!»

Cosa voleva dire William Shakespeare nell'Amleto con questa frase? La fragilità è solo femminile? È un aspetto negativo, o è un lato buono e bello? Una cosa sembra evidente: leggere Amleto significa imparare quanto poco di "evidente" abbia la natura umana.

Forse Amleto si serve del termine fragilità con disprezzo, perché ne ha vergogna, non vuole ammetterla in sé come uomo e pertanto la attribuisce solo alla donna.

Possiamo dire che nell’uomo, come nella donna, la fragilità sia da considerare una qualità umana non un difetto.

La fragilità può venire esasperata, diventando un salvacondotto o una bandiera. È la scelta di mostrarsi fragili. Se la assecondiamo, daremo agli altri un’immagine unilaterale, saremo considerati fragili, e quindi facilmente vittime da proteggere. Questo può avere anche vantaggi secondari.

Molto spesso accade che una persona preferisca essere considerata fragile, magari per evitare delle responsabilità, per non essere interpellata, per risparmiarsi dall’azione e dalla verifica delle proprie capacità.

D'altra parte negare di essere fragili è un altro modo di non mettersi davvero in gioco, un altro modo di nascondere ciò che davvero si è.

Occultare o ostentare ad arte sono due facce della stessa medaglia.

Nessuno è esente da fragilità.  Tutti possiamo esserne «portatori sani» quando impariamo a parlarne, a conoscerla, a saperla proteggere, come una cosa preziosa che ci ricorda di essere distruttibili, reprensibili, attaccabili e umani. In tal senso possiamo essere "contagiosi" perché anche l'altro può essere invogliato a fare altrettanto con la propria fragilità.

Meno la riconosceremo e più sarà da noi per primi negata: si ergerà come un muro davanti a chi ci guarda. Noi penseremo magari di esser tanto bravi a nasconderla, ma lei ci sorpasserà, offesa dal fatto di non essere considerata una nostra parte importante e preziosa.

Dunque, fare "i super uomini" o le "super donne", per nascondere il fatto di essere in realtà dei timidi o delle persone spaventate dalla sofferenza, non farà che renderci non autentici, con una maschera che sarà confondente sia per noi stessi che per gli altri.

Insomma si rischia di favorire l'allontanamento dell'altro, l'esatto opposto di ciò che forse cercavamo.

La poesia di Serena, una nostra lettrice, mostra la contorsione a cui va incontro la persona che occulti e neghi la propria fragilità che, impossibile da sostenere, alla fine prenderà il sopravvento. Diventerà "mostruosa" per essere stata troppo negletta e condannerà a momenti di profonda solitudine.

 

Fragilità

Sono quella che sorride,

sono quella che soccorre,

sono quella che risolve,

sono quella che rallegra,

sono quella che accudisce,

sono quella che pazienta,

sono quella che perdona.

Sono quella che si sbriciola

se nessuno può vederla,

finalmente abbandonata

alla sua fragilità.

 

Anche nella relazione d'amore perché due persone si incontrino davvero, e in maniera profonda, è necessario che entrambe abbandonino le intime difese manifestando, con coraggio, la propria fragilità e facendone un oggetto di comune riflessione, approfondimento, e quindi di comprensione reciproca.

Come dice Leonardo da Vinci: «Un semiarco da solo è instabile, non regge, ma appoggiato a un altro semiarco crea la più solida  tra le forme architettoniche: l'arco».

Questo pensiero di Leonardo fotografa in un’immagine come l'unione di due fragilità possa produrre una forza.

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Claretta Ajmone

Clara Ajmone, psicologa clinica e psicoterapeuta, ha lavorato per più di trent'anni in ambito psichiatrico, nelle Strutture Territoriali e Ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale. Fino al 2009 è stata Responsabile della Struttura di Psicologia dell'Ospedale di Niguarda, dove ha svolto attività di Psicoterapia individuale, familiare, di coppia e di gruppo. È stata didatta e tutor per psicologi allievi di varie scuole di psicoterapia.

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