Contestualizzare, un verbo fuori moda. La cancel culture

16 Giugno 2021



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Ci sono parole che vanno di moda in certi periodi storici. Poi pare che si usurino, sostituite da altre, più attinenti al tempo e alla società. Dopo il sessantotto si diceva frequentemente  “contestualizzare”. Era un periodo in cui si cercava di spaccare il capello in quattro e dove la discussione politico sociale era più sottile, più argomentata. Oggi, invece, non solo è sparita la parola, ma anche l’azione stessa.

Cosa significa infatti, alla lettera, contestualizzare?

Vuol dire inserire un dato concetto in un dato contesto. E cos’è il contesto? Secondo Treccani è “la situazione fisica spaziale e temporale in cui avviene l’atto comunicativo, il suo co-testo, la situazione socio-culturale entro la quale esso si definisce (status e ruolo degli interlocutori, formalità o informalità della comunicazione, ecc.), la situazione cognitiva degli interlocutori (le loro conoscenze circa l’argomento della comunicazione e altre situazioni comunicative pertinenti per quella in corso, l’immagine che ognuno ha dell’altro e delle sue conoscenze, ecc.), così come la loro situazione psico-affettiva”.

In poche parole, il concetto di ballare in costume da bagno, ad esempio, è considerato lecito in spiaggia, nel XXI secolo, in Occidente,  altamente inopportuno in un ricevimento di gala, in un secolo precedente al novecento, in certi paesi musulmani.

Oggi c’è parte della società che isola i concetti, i fatti, senza inserirli in discorsi più ampi, specialmente discorsi storici.

E’ una tendenza che, come spesso accade, è partita dagli Stati Uniti, ed è arrivata in Europa.

Si prendono in considerazione dei personaggi storici, spesso molto celebri, e si analizzano i loro comportamenti, le loro scelte, le loro vite, utilizzando i  canoni morali e sociali dei tempi che viviamo ora.  E’ logico che al setaccio delle idee prevalenti nella società del terzo millennio, quasi tutti i grandi del passato rimangono impigliati , portandosi dietro i grumi della loro epoca.  E la loro mentalità del tempo viene processata e avversata come se si fosse svolta nell’oggi. Come se, a fare da contraltare, non esistessero azioni gloriose od eroiche, grandi capacità politiche, scientifiche, artistiche a farne comunque figure da ammirare. Come se in loro tutto fosse da scartare, da esecrare, da condannare alla damnatio memoriae.

Si abbattono così i monumenti di Cristoforo Colombo e si vuole persino abolire il Columbus Day.

Si riduce così il grande navigatore solo al rango di razzista e colonialista, senza considerare il periodo storico delle grandi esplorazioni di cui fu il più celebre protagonista, il periodo dell’influenza della chiesa nella società che ne condizionò le scelte, la sua condizione di assoldato dalla corona di Spagna.

Crollano anche le statue di Lincoln e Jefferson, colpevoli di essere di fatto razzisti e maschilisti nel modo di concepire il mondo e i rapporti umani, nonostante siano stati  gli alfieri del processo che ha portato all’abolizione della schiavitù in America e portatori di idee all'avanguardia per i tempi.

Persino i cartoni animati tratti da fiabe antiche, come Biancaneve, vengono sottoposti a critiche feroci, in quanto il bacio del principe azzurro che risvegliava l'eroina dei fratelli Grimm non sarebbe stato consenziente, così come richiesto dalla nostra morale del XXI secolo.

A Milano è stata imbrattata la statua di Indro Montanelli, in alcune facoltà inglesi vogliono togliere addirittura dalle aule la fotografia dell'ancora vivente Regina Elisabetta II, rappresentante dell'epoca coloniale.

Senza parlare di Giulio Cesare, colpevole di genocidio in Gallia e di Napoleone, le cui presunte nefandezze è impossibile elencarle per intero. Sono nel mirino della nuova inquisizione anche Socrate, Platone ed Aristotele, colpevoli di elaborare le loro dottrine in una società schiavista e punitiva nei confronti delle donne. Non mancano al vaglio della censura noti filosofi moderni, registi, attori,  artisti vari,  personaggi della scienza che avrebbero emarginato le minoranze e le donne. Persino Gandhi non è indenne perché nazionalista per quanto riguardava la sua patria, ma in realtà suprematista per questioni razziali.

Non si considera mai che i personaggi storici non sono dei santi, ma sono degli esseri umani con luci e ombre, e soprattutto portatori di conoscenze scientifiche, sociali, antropologiche di un’epoca ben lontana dalla nostra. Il loro apporto di progresso, di novità  e di positività viene cancellato rispetto alle loro pecche, di cui probabilmente non avevano la consapevolezza, a causa della mentalità dell’epoca.

Si deve considerare, per lo stesso motivo, colpevoli di biasimo tutti coloro che hanno creduto, prima di Copernico, che fosse il Sole a girare attorno alla Terra? Possiamo denigrare per questo motivo Aristotele o Cicerone? Dante Alighieri o Giotto? Non ci sembra il caso: non c’erano strumenti scientifici per pensarla diversamente. E la concezione del mondo legata alla centralità dell’uomo nella creazione avvalorava teologicamente questo pensiero.

Per arrivare ai giorni nostri, la nostra civiltà ha dovuto affrontare tante sfide: ha abbandonato il cannibalismo che imperava nelle zone più aride, prive di animali e di piante commestibili, ha scoperto la fratellanza come aiuto alla sopravvivenza, ha scoperto il pensiero, la scrittura, la filosofia e solo da poco, in senso relativo,  il concetto di libertà.

Sono state scoperte graduali, salutate come conquiste di un’umanità sempre in movimento, e talvolta raggiunte con salti discontinui. Quando si valuta una persona, un periodo storico, un avvenimento, bisogna collocarli nel loro tempo ed esercitare una forma di comprensione molto elevata. Questo  non significa praticare l’ indulgenza,  ma saper intravedere sullo sfondo  degli eventi un quadro  più complesso, una situazione completamente diversa dal nostro vissuto.  Un punto di vista relativo, non assoluto.  Contestualizzare, appunto. Relativizzare! Einstein ci aiuterebbe a capire!

Ma perché l’atto di contestualizzare sta diventando così raro nella nostra epoca?

Forse sta tramontando la capacità di astrazione e , se vogliamo, anche di immaginazione. Il qui e ora, l’eterno presente, il tutto liquido e informe che ha pervaso la nostra società estende il suo magma non solo nella geografia ma anche nella storia.

Tutto dev’essere revisionato, tutto rivisto con gli occhi severi della civiltà odierna e, se considerato inadatto, occorre far finta che non sia mai accaduto, mai venuto al mondo . Tutto va a finire nella pancia del fonditore di bottoni come nel Peer Gynt di Ibsen, nell’indistinto, in definitiva nella morte sociale e spirituale.  Nella cosiddetta cancel culture.

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Giusy Cafari Panico

Giusy Cafari Panico, caporedattrice (email), laureata in Scienze Politiche a indirizzo politico internazionale presso l’Università di Pavia, è studiosa di geopolitica e di cambiamenti nella società. Collabora come sceneggiatrice con una casa cinematografica di Roma, è regista di documentari e scrive testi per il teatro. Una sua pièce: “Amaldi l’Italiano” è stata rappresentata al Globe del CERN di Ginevra, con l’introduzione di Fabiola Gianotti. Scrittrice e poetessa, è direttrice di una collana editoriale di poesia e giurata di premi letterari internazionali. Il suo ultimo romanzo è “La fidanzata d’America” ( Castelvecchi, 2020).

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