Mare

7 Maggio 2022



Mare
mare

Annaspavo nell'acqua alla ricerca di una via di uscita ma il mare era così oscuro e minaccioso intorno a me ed ero così sola !

Alghe viscide sinistre mi sfioravano soavemente le gambe come per invitarmi a lasciarmi andare,
come se un mostro lascivo stesse cercando di rivolgere su di sé la sua attenzione
rovesciandomi addosso la sua bava filante.

Ricordo

Ricordo che prima di entrare nell'acqua la giornata era limpida e luminosa, il sole della Spagna e la brezza calda sulle gambe, quella piccola spiaggia deserta e la voglia dell'abbraccio dell'acqua.
Ma da tre giorni scendevo in spiaggia e guardavo il mare con voluttà e non potevo entrare. Il mare era mosso ma non avevo paura. Il mare tiene sempre a galla pensavo, basta lasciarsi andare.

Guardavo quell'acqua di cui io sola avevo desiderio e ne ero orgogliosa. Non amavo l'acqua solo quando si stemperava senza nessun sussulto ai miei piedi. Non l’amavo solo come uno specchio limpido da attraversare. Amavo la forza dell'acqua di agitarsi senza tregua, amavo la sua capacità di tenermi sospesa sul mondo.
Mi aggrappavo alla solitudine che essere sola in acqua e lontana da tutti mi dava.
Era forse una fuga?

Da tre giorni un fitto strato di alghe morte tormentava la piccola spiaggia e la riva. Arrivare a quella liquidità sì, sarebbe stato piacevole, ma attraversare la morte in decomposizione di quelle alghe morte, no. Passare attraverso quel putridume avrebbe cancellato tutta la gioia purificante del bagno.

Ero paralizzata nell'acqua, con l'acqua che mi arrivava ai fianchi e non potevo tornare indietro, non sapevo più andare avanti. Gridavo con tutta la forza che avevo e il mio urlo che non era mai stato più forte, languiva soffocato dalla risacca delle onde, dalla schiuma che si infrangeva contro gli scogli.

C'era un sole altissimo sull'orizzonte e una brezza leggera mi si infilava tra i capelli. Nell'acqua ricordo solo che non c'era più sole tutto si era improvvisamente fatto grigio, niente aveva più importanza se non il disperato bisogno di essere altrove. E quella persona che camminando cautamente sugli scogli, senza voltarsi e senza guardarmi se ne andava.

Sdraiata sulla spiaggia guardavamo l'acqua e ci chiedevamo da che parte fosse possibile entrare aggirando le alghe morte. Più avanti la spiaggia finiva in un ammasso di scogli aguzzi.Tra quegli scogli mi ero spesso immersa per osservare i pesci colorati e i ricci.

Guardavo gli scogli e pensavo che con un po’ di abilità avrei potuto calarmi in acqua
e da lì avanzare circospezione verso l’acqua alta.
Il mio compagno guardava l'acqua con me ma senza amarla come l'amavo io.

“Entreresti a fare il bagno, dagli scogli?”
Lo provocavo guardandolo negli occhi scuri e strizzati per il sole. Lui mi guardava con esitazione. Era la mia prima vacanza da innamorata" era l'immersione nella sessualità. Era il svegliarsi nella notte a guardare il corpo amato riposare accanto. Un benessere nuovo e sconosciuto che stavo per la prima volta sfiorando con il dito.

“Non vuoi fare un bagno con me? Non vedi che acqua gorgogliante ci aspetta laggiù aggirato l'ostacolo?”

Nell'acqua mi sentivo già morta. Niente mi impediva di muovermi e fuggire: solo quell'invito lascivo alla calma dentro l'acqua. Solo un invito: sufficiente a farmi coprire di terrore tutto il corpo.

“Entreresti in acqua con me?” Gli sussurravo da tre giorni sorridendo con il vento tra i capelli gettando indietro il viso e ridendo del suo silenzio. Ridendo del suo silenzio quanto avrei pianto del suo Abbandono.

Ora è chiaro che non potevo tornare: volevo stare immobile e l'acqua che mi aveva sempre cullata con la sua dolcezza mi spostava continuamente facendomi cadere dagli scogli su cui avevo arrampicato i miei piedi. Volevo tornare ma volevo nel contempo poter restare immobile per un attimo a raccogliere le forze.

E un uomo camminando cautamente senza girarsi più verso di me aveva lo stesso problema: camminare sugli scogli senza scivolare. Il mare era diventato allora un mostro cieco che mi voleva a tutti i costi catturare e del resto io non sapevo più uscire. Potevo forse tornare indietro alla mia Bella spiaggia? Potevo raggiungere quelle alghe morte putridema senza tentacoli insinuanti e terribili?

Prima

Dalla spiaggia mi avvicinavo al mare e guardavo sognante quell’acqua ondulata e mi piaceva nutrire quel desiderio incurante del pericolo; mi piaceva sentirmi così forte verso il mio mare da non avere il timore di qualche onda un po’ arroccata. - Nessuno scende mai in spiaggia, dicevo
soavemente á quel compagno di bagni di sole "andiamoci noi che non abbiamo paura".

La paura mi impediva qualunque pensiero: un grido mi usciva dalle viscere ed era un grido quasi muto. Una sola immagine stampata negli occhi una frase: "Vai avanti che scendo subito. Di cosa hai paura?"

Avevo paura della notte e del suo abbandono. Volevo sentire due braccia calde e accoglienti e non quelle braccia fredde che il mare mi ributtava addosso da ogni lato. Ormai lo sapevo: non sarei più uscita da lì. Ero sola e inerme.

Prima

Si rincorrevano per le stanze della casa tirandosi le lenzuola fresche di bucato. L'avevano fatto insieme, il bucato, in quel piccolo bagno senza finestra. Avevano fatto l'amore poco prima di scendere in spiaggia e dormito nella piccola stanza che era diventata matrimoniale grazie a loro: smontando il letto a castello avevano costruito il loro letto e il letto era stupendo perché occupava tutta la stanza.

Quanto tempo restai in balia della notte? Quando vidi che se ne andava per non tornare, quando vidi che non si voltava neppure una volta a guardare il mio volto contratto, quando vidi che prendeva la via verso casa e mi lasciava in spiaggia da sola, sola in acqua, la mia collera diventò furiosa. Se ne andava dopo avermi promesso che sarebbe entrato con me. No, non se ne andava, se ne era già andato.

Esco dall'acqua attraversando le alghe nere sentendole più vive che mai. Tocco il suolo come un risveglio dall’incubo. Mi butto di peso sulla sabbia e non voglio pensare. Alghe nere morenti sono appiccicate insieme alle incrostazioni di sabbia sul mio corpo e il mio corpo non è ancora uscito dall'acqua. Sono sì, sulla spiaggia, ma sono accoccolata sullo scoglio in mezzo al mare e mi sto muovendo a fatica per raggiungerne un altro senza morire.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (Aracne 2020).

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