C’è tempo

31 Luglio 2021



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Ricordo di avere letto che ci sono canzoni che ti cercano e piombano nella vita al momento giusto: come una folata di vento, come una secchiata di acqua fredda, come uno schiaffo in viso.

Molti anni fa ero in un periodo di grandi cambiamenti: alcuni voluti, altri capitati. Un giorno mi consigliarono di ascoltare una canzone: “C’è Tempo” di Ivano Fossati.

Arrivò alle mie orecchie un accordo minore, unito al malinconico suono della  fisarmonica e degli strumenti ad arco. La  voce calda e quasi sussurrata di Fossati, accompagnata dal pianoforte, pronunciò la prima frase: “Dicono che c’è un tempo che hai voglia di seminare e uno che hai voglia ad aspettare…”. Provocò la prima reazione del mio sistema nervoso vegetativo, la prima emozione che solo la musica riesce a provocare: i brividi sulla pelle.

Quelle parole e quella melodia stavano sciogliendo un pezzo di ghiaccio che avevo conficcato nel cuore e, come una cura, mi dicevano che anche se mi sembrava di non aver più tempo per fare le cose, anche se avevo detto addio a tante persone, avevo perso e ricominciato. Mi rispecchiavo perfettamente in quelle parole e mi stupii che una canzone mi stesse dicendo che tutto passa e tutto ritorna nella vita, in modo inevitabile, perché “È il tempo che prima o poi ci riprende”.

Piansi, piansi come una bambina. Quella canzone, poi, mi fece stare meglio, mi curò una ferita e mi permise di vivere tutto ciò che arrivò in seguito con più serenità a tal punto che, ancora oggi, in alcuni momenti la cerco.

Da allora l’ho ascoltata tante volte e le immagini che la mia mente crea si sono arricchite, scorrendomi davanti ad ogni parola. Ho dato la mia immagine al prato in cui si può “smarrire una persona cara come smarrire un anello”: lo vedo in montagna, fresco e pieno di fiori.

Interpreto “l’ora muta delle fate” come quel momento della giornata, a cavallo tra il tramonto e l’arrivo della sera, quando non è ancora buio ma non c’è più tanta luce e i nostri occhi si devono abituare. Mentre il sole ci saluta, se si è fortunati, in quel momento credo si possano vedere anche delle fate.

La musica è un ponte tra le nostre emozioni e quelle di chi scrive ma, emozionandoci, risveglia ed attiva molte parti del nostro cervello. E' uno stimolo sonoro che si attiva con il primo dei nostri sensi: l’udito.

L’udito si sviluppa fin dai primi mesi di gestazione, quando siamo ancora feti immersi nella placenta, ma già riusciamo a cogliere in maniera ben distinta due suoni: il battito cardiaco materno e il rumore del liquido amniotico, molto simile alle onde del mare.

Verso il quarto mese di gravidanza, cominciamo ad avvertire anche i suoni esterni: la voce dei genitori, la musica, i rumori che, ovviamente, arrivano a noi attutiti ma cominciano a condizionare quello che Rolando Benezon chiamò ‘il nostro ISO’, vale a dire la nostra identità sonora che ci accompagna in tutta la vita emotiva e che ci fa commuovere davanti ad una canzone piuttosto che ad un’altra.

Per questo motivo possiamo parlare di condizione olistica della musica nel senso che, pur partendo dalle nostre orecchie, arriva a stimolare la corteccia uditiva primaria e si propaga in moltissime  parti del cervello coinvolgendole contemporaneamente, sia in chi ascolta che in chi suona.

Le regioni di Wernicke e Broca legate al linguaggio; la corteccia motoria e il cervelletto legati al movimento; l’amigdala e l’ipotalamo legati alle emozioni; l’ippocampo legato alla memoria: tutti partecipano a questo miracolo.

La dimostrazione è palese quando si assiste ad esibizioni dal vivo: la gioia, l’emozione dei musicisti viene trasmessa al pubblico che li accompagna cantando, ballando o battendo le mani e si crea una sorta di alleanza gioiosa che solo la musica dal vivo riesce a dare.

Una melodia può provocare la variazione del ritmo cardiaco e del respiro, che può aumentare in certi generi oppure diminuire e indurre rilassamento in altri. Su questo principio, a seconda dell’effetto che si vuole ottenere, si basa la scelta dei brani durante l’ascolto recettivo in una seduta di Musicoterapia.

Sicuramente chi si limita ad ascoltare un brano musicale attiva sempre queste parti del cervello, ma un musicista che ascolta un brano studiando anche l’armonia, il ritmo, la composizione ed eseguendolo con uno strumento musicale, attua dei veri e propri cambiamenti nel cervello.

Questi partono dalle aree del sistema uditivo e percepiscono le variazioni delle armonie e del ritmo fino ad arrivare al sistema motorio, dove avviene una sorta di addestramento musicale. Questo succede ogni volta che si viene coinvolti dal suono di un qualsiasi strumento, compresa la voce: dall’uso del diaframma, necessario per regolare la colonna d’aria, ad ogni muscolo della laringe, che permette alle corde vocali di aprirsi e chiudersi e vibrare nel modo giusto ogni volta che l’aria passa, fino all’uso delle diverse tecniche che un cantante apprende e decide di utilizzare durante l’interpretazione di un brano.

 

 

C'è tempo

Durante l’esecuzione i sistemi motori controllano i movimenti fini che servono per produrre il suono. Il suono, processato dai circuiti acustici, si riadatta al sistema motorio per ottenere ciò che il musicista cerca. I segnali delle aree corticali influenzano le risposte della corteccia uditiva prima ancora dell’arrivo del suono così pure le rappresentazioni motorie sono già attive.

Questo accade grazie ai neuroni specchio (mirror), una classe di neuroni che risponde sia ad azioni che all’osservazione di azioni e che fa parte di una base neurale per comprendere un’azione. La rappresentazione visiva delle azioni che osserviamo sono mappate nel nostro sistema motorio.

Alcuni neuroni specchio sono attivati dai suoni prodotti durante l’azione e questo avviene grazie al fatto che il sistema acustico (neuroni Eco) è collegato al sistema motorio.

Sono stati avviati molti studi sul possibile ruolo dei neuroni Mirror/Eco in rapporto alle attività musicali. Su questi studi e su questo principio si basa appunto la Musicoterapia. Essa riesce ad intervenire sul miglioramento della deambulazione nel Morbo di Parkinson o nella Sindrome di Tourette, nella gestione della condizione patologica nel Morbo di Alzheimer, nelle demenze e nei ritardi mentali, oppure nelle afasie o negli stati depressivi.

Grazie al suo intervento nell’area motoria, cognitiva ed emotiva, la musicoterapia riesce ad intervenire anche nei disturbi legati all’infanzia come la dislessia, il comportamento oppositivo, la Sindrome di Down e l’autismo, poiché riesce sempre a trovare un canale di comunicazione non verbale e permette di assistere a piccoli miracoli ai quali, nel tempo in cui ho lavorato come terapista, ho assistito anche io.
Grazia Chiesa

 

 

 

C'è tempo

Dicono che c'è un tempo per seminare
E uno che hai voglia ad aspettare
Un tempo sognato che viene di notte
E un altro di giorno teso
Come un lino a sventolare

C'è un tempo negato e uno segreto
Un tempo distante che è roba degli altri
Un momento che era meglio partire
E quella volta che noi due era meglio parlarci

C'è un tempo perfetto per fare silenzio
Guardare il passaggio del sole d'estate
E saper raccontare ai nostri bambini quando
È l'ora muta delle fate

C'è un giorno che ci siamo perduti
Come smarrire un anello in un prato
E c'era tutto un programma futuro
Che non abbiamo avverato

È tempo che sfugge, niente paura
Che prima o poi ci riprende
Perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
Per questo mare infinito di gente

Dio, è proprio tanto che piove
E da un anno non torno
Da mezz'ora sono qui arruffato
Dentro una sala d'aspetto
Di un tram che non viene
Non essere gelosa di me
Della mia vita
Non essere gelosa di me
Non essere mai gelosa di me

C'è un tempo d'aspetto come dicevo
Qualcosa di buono che verrà
Un attimo fotografato, dipinto, segnato
E quello dopo perduto via
Senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
La sua fotografia

C'è un tempo bellissimo, tutto sudato
Una stagione ribelle
L'istante in cui scocca l'unica freccia
Che arriva alla volta celeste
E trafigge le stelle
È un giorno che tutta la gente
Si tende la mano
È il medesimo istante per tutti
Che sarà benedetto, io credo
Da molto lontano
È il tempo che è finalmente
O quando ci si capisce
Un tempo in cui mi vedrai
Accanto a te nuovamente
Mano alla mano
Che buffi saremo

Se non ci avranno nemmeno
Avvisato

Dicono che c'è un tempo per seminare
E uno più lungo per aspettare

Io dico che c'era un tempo sognato
Che bisognava sognare

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Grazia Chiesa

Laureata in filosofia a Pavia. Diplomata in Musicoterapia e pedagogia musicale presso l’Istituto musicale C. Vittadini di Pavia. Dal 2011 lavora come docente di scuola primaria.

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