L’equilibrio dei giovani

9 Luglio 2019



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- L'Equilibrio dei giovani -

Quando frequentavo la scuola, mio papà il pomeriggio mi portava con lui in ufficio per farmi studiare.
Mi metteva in una sala riunioni libera e mi diceva: “fai i compiti, studia che ogni tanto passo e ti interrogo”.

Mi sembrava un metodo un pò rigido; forse lui con noi tre figli lo è sempre stato.
La mamma invece no; la mamma è sempre stata la mamma, la donna che ha sempre cercato di mettere il buono tra il papà e i suoi figli. E a volte litigavano tra loro per contendersi la ragione. Ma alla fine, dopo qualche minuto, li trovavi abbracciati e sorridenti.
Ecco, questo equilibrio per la mia formazione di vita è stato importante.

Da una parte i richiami più o meno forti e rigidi, dall’altra parte le carezze.
Ed eccoci qui, oggi siamo quel che siamo, siamo l’insieme dei nostri giorni, l’educazione ricevuta, la formazione appresa, i sacrifici affrontati, gli esami sostenuti, i titoli di studio conseguiti, il lavoro ottenuto: siamo indipendenti, non dipendiamo più dai nostri genitori. Ce l’abbiamo fatta, abbiamo vinto.

Ricordo delle regole ben precise. Risuonano ancora come campane nelle mie orecchie le frasi dei miei genitori: “non me ne frega niente degli altri tuoi coetanei, in questa casa se vuoi qualcosa te la devi guadagnare”.

O ancora, “Oltre ad una buona condotta a scuola e i voti alti in pagella, dovrai essere obbediente e rispettare chi è stato meno fortunato di te”.

E va bene dai, ogni tanto ero disobbediente ma per il giorno dei “morti” o per il giorno del mio compleanno o del mio onomastico, o per Natale, in qualsiasi ricorrenza festiva, ricevevo sempre il mio regalo tanto desiderato.

Questa era l’educazione ricevuta dai nostri genitori. Giocavamo in modo puro e leale e amavamo confrontarci. Tutto era basato sulla nostra semplicità di vivere il quotidiano della nostra adolescenza. Non avevamo molte pretese, ci andava bene qualsiasi capo indossato e correvamo dietro alle nostre coetanee per amarle, darle un bigliettino con scritto a penna “sei bellissima”. Non avevamo gli smartphone e si comunicava con bigliettini di carta lasciati attaccati tra le fessure dei muretti delle case.

Un continuo ricercare di noi stessi e creare i giorni della nostra vita: questo era il nostro “mondo social” vissuto durante gli anni della nostra adolescenza.

Come sottolinea Rosantonietta Scramaglia in "Che cosa significa educare ?",  "Il sistema educativo, l’istruzione, la scuola, sono fra i più importanti responsabili della trasmissione e della sopravvivenza dei valori sociali".

Ma oggi, i giovani, per come stanno portando avanti i loro giorni, potranno dire lo stesso di loro? Potranno dire di essere stati così bravi da meritarsi l’indipendenza dai loro genitori ?

La vera domanda è: riusciranno a rendersi indipendenti dai loro genitori ? Ce la faranno ?

Vedo molto disordine, uno sbando accelerato e senza freni, aggrappati agli ultimi oggetti tecnologici che il mercato offre, adolescenti troppo attenti a vestire bene e agli oggetti di valore ma molto distratti dall’essenziale, da ciò di cui dovrebbero "nutrirsi" per crescere bene e creare le nuove società ricche del sapere.

Sento che questa realtà sta venendo a mancare perchè ricevono tutto e danno poco e quel che ricevono, poco è da loro guadagnato rispetto a quanto gli viene regalato.

E quel poco che danno non è abbastanza, non è abbastanza per creare una società forte e libera, non è abbastanza per creare l’equilibrio dei giovani.

Francesco Alberoni dove nel suo articolo "Pedagogia permissiva" spiega  ciò che la nostra società sta subendo, richiamando anche il relativismo culturale di S. Giovanni Paolo II. 

Forse questa  riflessione più che ai nuovi giovani andrebbe rivolta ai loro genitori. E' davvero corretto il modo in cui stiamo educando i nostri figli ?

 

(dello stesso autore, ascolta la sua composizione "Oltre il Cielo e le Nuvole" dal suo canale Youtube; segui qui la sua pagina facebook ufficiale).

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