La ricerca del “migliore” da parte delle donne: una verità antica ma distorta

1 Giugno 2025



Ipergamia
L’amore è un fuoco che illumina e consuma, una forza che ci spinge verso l’altro, verso un sogno di completezza. Francesco Alberoni, nel suo Innamoramento e amore, ci ricorda che l’amore non è mai solo emozione: è anche una ricerca, un movimento verso chi incarna una promessa di vita. “La donna”, scrive Alberoni, “cerca l’uomo che possa garantire un futuro migliore, non solo per bellezza, ma per intelligenza, forza o risorse” – un istinto che affonda le radici nella natura, come vediamo negli animali, dove la femmina sceglie il maschio che offre le migliori possibilità per la prole. Questo principio, che Alberoni descrive con sensibilità, è stato ripreso e deformato dalla teoria redpill, un fenomeno nato nei meandri di internet che pretende di svelare la “verità” sulle relazioni di genere.
La redpill chiama questa ricerca “ipergamia” e la trasforma in un’accusa: le donne, si dice, sarebbero programmate per desiderare sempre un uomo “migliore” – più ricco, più potente, di status superiore – e per abbandonare chi non soddisfa questo standard. È una narrazione che affascina per la sua semplicità, ma che ferisce, perché riduce l’amore a una transazione, un mercato dove non c’è posto per il cuore. L’ipergamia, nella sua origine antropologica, descrive un comportamento reale: in società tradizionali, le donne, prive di autonomia, cercavano sicurezza nel matrimonio. Ma la redpill la trasforma in un dogma universale, ignorando che oggi le scelte amorose sono guidate da emozioni, valori e desideri complessi.
Per molti uomini che si avvicinano alla redpill, spesso giovani e feriti dal rifiuto, questa visione offre una spiegazione al loro smarrimento. Si sentono esclusi in un mondo che sembra premiare solo i “vincitori” – quelli con bellezza, denaro o carisma. La redpill dice loro: non è colpa tua, è la natura femminile che ti tradisce. Ma questa narrazione non libera, incatena. Trasforma il dolore in risentimento, l’amore in competizione. Eppure, come ci insegna Alberoni, l’amore non è una gara: è “un movimento a due”, un incontro tra anime che si scelgono, non un calcolo per dominare o essere dominati.
La teoria redpill, con la sua ossessione per l’ipergamia, distorce la verità che Alberoni descrive con delicatezza. La ricerca del “migliore” non è un tradimento, ma un’aspirazione naturale, simile a quella che spinge gli uomini a cercare bellezza, dolcezza o intelligenza in una donna. Come il cervo che lotta per la femmina, o il pavone che sfoggia la sua coda, la donna, secondo Alberoni, cerca chi possa portare forza e futuro alla specie. Ma questa ricerca non è un gioco a somma zero, né una condanna per chi si sente escluso. È un invito a crescere, a scoprire la propria unicità.
Il pericolo della redpill sta nel trasformare questa dinamica naturale in un’arma. Nei forum online, si leggono storie di uomini che si sentono “perdenti”, convinti che le donne li rifiutino per la loro presunta ipergamia. Ma il rifiuto, come scrive Alberoni, è parte del viaggio umano: “Non è una sentenza sul nostro valore, ma un’occasione per imparare”. La risposta al dolore non è l’accusa, non è il rancore verso le donne o verso un sistema immaginario. È il coraggio di guardare dentro di sé, di costruire un’identità che non dipenda dalla competizione, ma dalla capacità di amare.
Per superare l’illusione dell’ipergamia, dobbiamo tornare al cuore dell’amore. Dobbiamo creare spazi dove gli uomini possano parlare delle loro insicurezze senza cadere nella trappola della rabbia, e dove le donne siano libere di scegliere senza essere ridotte a stereotipi. L’amore, ci ricorda Alberoni, è “un atto di libertà, un incontro che trasforma”. La redpill ci spinge a vedere l’altro come un nemico; l’amore ci invita a vederlo come un alleato. Solo riscoprendo questa verità – che l’ipergamia non è un tradimento, ma una ricerca di vita – potremo costruire relazioni che non siano guerra, ma armonia, dove ogni essere umano, uomo o donna, trova il suo posto non per vincere, ma per creare insieme.

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Giusy Cafari Panico

Giusy Cafari Panico, caporedattrice (email), laureata in Scienze Politiche a indirizzo politico internazionale presso l’Università di Pavia, è studiosa di geopolitica e di cambiamenti nella società. Collabora come sceneggiatrice con una casa cinematografica di Roma, è regista di documentari e scrive testi per il teatro. Una sua pièce: “Amaldi l’Italiano” è stata rappresentata al Globe del CERN di Ginevra, con l’introduzione di Fabiola Gianotti. Scrittrice e poetessa, è direttrice di una collana editoriale di poesia e giurata di premi letterari internazionali. Il suo ultimo romanzo è “La fidanzata d’America” ( Castelvecchi, 2020).

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