Nella fase dell’innamoramento i cambiamenti sono frequenti sebbene inconsapevoli o nascosti, quando i sentimenti prevalgono sulle situazioni. Si dice che "l'amore è cieco", chi non ha avvertito una sorta di "trasporto", quella trascendenza che, se non abbaglia la mente, solleva in qualche modo il cuore?
Alcune sensazioni diventano più acute, altre vengono inibite, fino al punto di rendere indifesi e incapaci di giudicare con il distacco e la serenità necessari i fatti gli intenti, le menzogne.
E a chi pensi che la liberazione sessuale abbia tolto le incomprensioni, la “liberazione sessuale" più che superare le barriere tra due persone, le ha spostate, spesso per ideologia, senza tener conto dell'individuo che ha bisogno di diverse elaborazioni per compiere i passi che lo avvicinano o lo allontanano dall’altro, e non di tesi e argomentazioni, anche se queste fanno parte del quadro, considerando anche la suggestione, sia come inibitrice che come liberatrice.
Francesco Alberoni, in "Innamoramento e amore" (1979), scriveva:
“Noi ora dobbiamo occuparci di questo particolare tipo di fenomeno collettivo, dell'innamoramento. Per farlo dobbiamo calarci nella sua esperienza, identificare almeno uno dei suoi caratteri distintivi. Questo vuol dire anche sottrarci al modo di pensare corrente che non riconosce all'innamoramento uno statuto diverso dalla vita quotidiana e dalla sessualità. Per rompere questo modo di pensare che nasconde il problema, partiremo perciò proprio dalla sessualità, ma scoprendo che anche in questa c'è una differenza, c'è un ordinario e uno straordinario. L'innamoramento ‒ come tutti i movimenti collettivi ‒ è collocato sul registro dello straordinario.”
Alberoni inizia con:
“Che cos'è l'innamoramento? È lo stato nascente di un movimento collettivo a due.”
Dal Sessantotto in poi, la sessualità è stata enfatizzata come vero e proprio strumento personale di realizzazione di sé, dimostrazione di virilità o femminilità riferita all'individuo. La dimensione collettiva evidenziata da Alberoni è generalmente tralasciata, quasi fosse un epifenomeno dipendente dalla personalità di ognuno.
L'idea di “stato nascente” dovrebbe evocare in quasi tutti noi un mistero. Se oggi, l'approccio comune e frequente, più intellettuale che fisico, consiste nel pensare volgarmente: “ Vorrei farmela(o)”, l'innamoramento rimane un fenomeno che le persone coinvolte non saprebbero spiegare.
Generalmente commentano con sorpresa:
“Non me l'aspettavo, mi è capitato all'improvviso, poi, perché lui/lei?”,
e con prudenza:
“Chissà, che sia la volta buona?”.
Probabilmente, tra speranza, turbamento e incertezze, come nell'antichità, consultano inconsciamente gli auguri perché decifrino i presagi. Le sensazioni, le impressioni fantasiose e fantasticate, le modifiche negli scambi chimici nel cervello, con l'aumento della dopamina, la riduzione di serotonina e cortisolo, indicano che l'innamoramento coinvolge due persone e dipende dalla relazione tra di loro.
Non è, quindi, un fenomeno da apprendere sul piano individuale, anche se la forza dei sentimenti ispira il singolo e suscita tanti pensieri in lui, esprimendoli a volte non sempre alle orecchie più consigliabili.
È un fenomeno duale e dinamico, personale ed esterno allo stesso tempo, sicuramente imprevedibile e incontrollabile.
Questa dinamica difficilmente si spiega riferendosi all'una o all'altra delle persone coinvolte, sebbene l'attrazione iniziale tra loro non appaia del tutto comprensibile.
Spesso si evoca la nozione di scelta. La psicologia del destino di L. Szondi, ad esempio, ha tentato di portare risposte basate oltre che sulla genetica, anche sull'osservazione di numerosi pazienti, contestando l'approccio di Schopenhauer ('Speculazione trascendente sull'apparente intenzionalità nel destino individuale', 1851).
Per Schopenhauer, la vita dell'uomo è determinata sin dalla nascita. Per Szondi, invece, si divide in un “destino-costrizione” e un “destino di libera scelta”. E dl momento che le due tesi sono inconciliabili, in ogni individuo sembra che determinismo assoluto o libera scelta prevalgano inconsapevolmente.
Questa constatazione porta a presumere che un incontro provocato, volontaristico o interessato, difficilmente “solleverà i cuori” senza speculare su ciò che accadrà in seguito, che rientra in un'altra problematica.
Ma le due tesi appena evocate portano a una medesima conclusione:
l'innamoramento non può capitare a chiunque con chicchessia; il “chiunquismo” è incompatibile in tale ambito, anche se il determinismo assoluto e la libera scelta lo escluderebbero ugualmente.
L'innamoramento sfugge alla consapevolezza della determinazione, qualunque essa sia. Tralasciamo le fantasie successive che può suggerire, legate a superstizioni e credenze varie:
“è capitato un venerdì...”, “un tredici, guarda caso!”, “mi ero sognato che...”, “già alla mattina, avevo sentito una strana intuizione...”,
formule che invece di significare realisticamente sono tentativi per afferrare l'incomprensibile. L'incomprensibile non è né assurdo, né esente da profondi significati simbolici, trasposto o viaggio sia nel proprio intimo che in un intimo finora ignorato, evanescente e parcellare, imprevedibile come l'onda che oscilla tra cresta e ventre, e porta verso orizzonti temuti quanto desiderati, inaspettati quanto già intuiti.
Permane il mistero, che ci trascende, ambivalente, riferito alla mitologia, ritorno alla completezza dell'androgino di Empedocle ed Aristofane, quest'ultimo riportato da Platone (‘Il convito’, Discorso di Aristofane):
“Una volta la natura nostra non era qual'è ora, ma tutt'altra; imperocché prima eran tre i generi degli uomini, non già due come ora, maschio e femmina. E' ce n'era anche un terzo, fatto di tutti e due insieme misti, il quale oggimai è spento, e ne rimane solo il nome.
”Alberoni scriveva:
“L'innamoramento è un separare ciò che era unito e l'unire quanto era diviso; ma l'unire in modo particolare perché questa unione si presenta come alternativa strutturale a una relazione strutturata. La nuova struttura sfida quella antica alle radici, la degrada a qualcosa che non ha valore. In parallelo, fonda la nuova comunità sulla base di un valore assoluto, un diritto assoluto, e riorganizza attorno a questo diritto ogni altra cosa."
A quasi mezzo secolo di distanza, in un periodo in cui l'innamoramento viene presentato come troppo sentimentale, anzi, sentimentalistico, non abbastanza materiale, o meglio materialistico, ci si chiede se l'"alternativa strutturale" evocata da Alberoni non sia stata sostituita da una volontà di destrutturazione che inibisce indifferentemente la trascendenza che svela l'affettività, e quella che i corpi alla scoperta l'uno dell'altro concedono di presagire.
L'Eros si fonde nel meccanicismo finendo per imitare la pornografia, e il cuore non batte più, fenomeno riflesso ormai tenuto sotto controllo.
Il relativismo dei tempi diluisce valore, senza pertanto proporre nulla che fondi una “nuova comunità̀”, se non distaccata da se stessa, come lo sono i suoi membri, curiosi dell'altro e bisognosi di lui per scoprire la propria identità̀, ma ormai nel simulacro delle identità̀ fasulle, che non richiedono altro che affermarsi, a scapito di ogni paragone:
“Io sono, nella solitudine del senso perduto”.