La gratitudine è una virtù che gode di una sempre minor considerazione. Eppure l’impulso ci porta a voler bene, a essere riconoscenti, a cercare di ricambiare coloro che ci hanno aiutato nei momenti difficili della vita: i genitori che si sono presi cura di noi, i maestri che ci educano e le persone che ci offrono l'occasione per dimostrare le nostre qualità.
Nell'impresa sarà un dirigente che ci apre le possibilità di carriera. In università sarà un professore che ci guida e ci aiuta nei concorsi. Tutti gli esseri umani, indistintamente, quando sono attanagliati dal bisogno, chiedono aiuto. E se arriva un soccorritore provano nei suoi riguardi un profondo senso di gratitudine. Pensano che non lo dimenticheranno mai, che faranno di tutto per sdebitarsi.
Ma la maggior parte di loro non lo fa. Appena hai superato la prova, appena sei al sicuro, il ricordo del soccorritore si affievolisce. Poi scompare del tutto. Certo, se avessi ancora bisogno di lui, torneresti a chiedergli aiuto, a profonderti in ringraziamenti. Ma, se lui non può più aiutarti, ti convinci di non averne avuto bisogno neppure in passato e di aver fatto tutto con la tua intelligenza, con la tua abilità.
E puoi provare anche invidia quando la persona che ti ha aiutato continua a essere sotto i tuoi occhi e diventa più potente, più famosa o più ricca, allora ti senti miserabile e dimentichi la gratitudine per confrontarti con lei.
Il risultato di questi tortuosi meccanismi dell'animo umano è questo: se voi aiutate degli amici, degli allievi, dei dipendenti a salire, ad avere successo, ma, ad un certo punto, vi tirate da parte e non continuate ad esser loro indispensabili, vi diventeranno nemici. E’ successo a molti genitori quando hanno dato ai figli la loro parte di patrimonio e se li sono trovati tutti contro. E’ successo a dei re che, dopo aver diviso il regno in feudi fra i compagni d' arme, si son trovati a fronteggiare una rivolta dei baroni. Shakespeare ha rappresentato questa tragedia in Re Lear, che divide il suo regno fra le figlie.
Che fare allora? Aiutare solo chi ti è riconoscente e seguire la regola d’oro: chi ha un potere non lo ceda, lo eserciti fino in fondo. Non conti mai sulle dichiarazioni dei suoi beneficiati che gli promettono di continuare secondo le sue direttive, di andare d' accordo e di ricordarlo con affetto. Si assuma completamente l'onere di governare bene la comunità, di essere giusto ed imparziale. Poi, quando non potrà più farlo, se ne vada per sempre, non si faccia più vedere. E' l'unico favore che i suoi successori veramente desiderano.