Un mondo prevedibile

26 Settembre 2022



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Sempre più ci avviamo a concepire un mondo prevedibile. Prevedibile nei progetti (pensiamo alla certezza con cui si era deciso di attuare la transizione ecologica con l’imposizione  della data entro cui completare il processo, ma anche, per esempio, la certezza con cui si prevede quando avremo la fusione nucleare). Prevedibile nella salute, prevedibile persino nelle sciagure, nei disastri.

Prevedibile deve diventare, sempre più,almeno nelle intenzioni, la vita degli individui e cade fuori dal nostro sguardo tutto ciò che è improvviso, imperscrutabile e imprevisto, come il successo, l’innamoramento, la nascita di un movimento, ma anche un malattia improvvisa.  Anche un figlio deve essere ormai programmato con largo anticipo:  e persino nella scuola l’esame di maturità è stato  modificato per ridurre al minimo i fattori disturbanti, e si è dato molto più peso alla carriera scolastica, al passato,  e meno alla prestazione di fronte a una commissione sconosciuta. Eppure sino a pochi anni fa l’esame costituiva un rito di passaggio proprio perché ti misuravi con professori che ti vedevano per la prima volta. Era lì che dovevi cavartela. Ed era anche un’ultima occasione che veniva data agli studenti pigri di farcela, preparandosi, studiando giorno e notte.

Negli ultimi anni la psicologia si è concentrata sempre più sulla regolazione degli impulsi e sul controllo delle emozioni,  i medici prescrivono in via sempre più ordinaria farmaci per sedare l’ansia, la tristezza, la paura, superare un lutto. A prevalere in questo nuovo millennio è l’idea della superiorità del pensiero operatorio, che funziona tenendo a bada le emozioni che potrebbero interferire con il compito. Il pensiero operatorio è  indispensabile per affrontare situazioni estreme. Un’ambulanza arriva sul luogo di un incidente: per agire chi interviene deve riuscire a rimanere freddo, concentrato sulle operazioni da fare, non deve sentire la sofferenza di coloro che soccorre.

Ma quando sei con la persona che ami, o con il tuo bambino, o insieme ai tuoi amici più cari, quando affronti una situazione nuova e difficile per la quale non hai il libretto delle istruzioni,  o quando ti butti in una nuova avventura, in una competizione sfidante, allora hai bisogno di tutto te stesso, hai bisogno di sentire ciò che provi e di saper comunicare emotivamente con gli altri (e soprattutto con te stesso).

Ma in che modo si è così diffusa così tanto questa idea di un mondo in cui può entrare solo ciò che è programmato e previsto? Come possiamo aver pensato di applicare il nostro desiderio di sicurezza alla realtà con tanta leggerezza? Pensiamo a quante scoperte sono state fatte per caso, cercando altro o per serendipità.

Pensiamo all'importanza che popoli antichi assegnavano alla sorte.
La nostra vita è fatta di elementi altamente prevedibili. Se non faccio manutenzione all’automobile facilmente mi lascerà a piedi. Se sottoscrivo una buona assicurazione mi metto al sicuro dai costi relativi a eventi inattesi.

Ma non è possibile escludere dalla nostra vita i fatti imponderabili. Fatti che porterebbero un bambino di tre anni a suggerirci che il re è nudo e che è ora di cambiare la percezione distorta della realtà.

Bastano pochi esempi. Dove sono finiti gli economisti che prevedevano che nel 21 secolo avremmo vissuto lavorando tutti meno, che avermmo vissuto tutti più agiatamente,  dedicandoci alla cultura e all’arte (quindi che saremmo anche diventati più colti)?
Analogamente, perché non è stata prevista la crisi del 2008, e non dall’uomo della strada, ma neppure dai massimi esperti, ad esempio dalla London School of Economics?  Un altro evento totalmente imprevisto è stato il Covid, nonostante tanti campanelli d’allarme e non è stata prevista neppure l’invasione dell’Ucraina. Ora nessuno si pone il problema dello smaltimento dei pannelli solari, semplicemente perché il problema si porrà più avanti.

Ricordiamo tutti la teoria di Fukuyama sulla fine della storia. Nessuna voce si levò per ricordargli che le cose umane “mutano”, le ideologie cambiano, come anche i rapporti di potere. E così, sino a due anni fa, chi osasse dire che la globalizzazione stava per arrivare al capolinea, veniva guardato con un sorrisetto di sufficienza, persino dalle persone più colte e preparate.
Perché accade questo? Perché vi è in noi uno schema di persistenza  che tende a farci proiettare il presente nel futuro, percepiamo più la continuità della discontinuità.

Le vicende umane sono dettate, oltre che da eventi imponderabili,  dagli uomini e dai loro caratteri. Conta la personalità di Putin, o di Xi Jinping come quella di Biden e dei suoi più stretti consiglieri. Conta l’astuzia da giocatore di un Erdogan, ma contano anche le spinte popolari, quando le istanze di una comunità vengono continuamente irrise e soffocate, arriva prima o poi un forte scossone elettorale. O nasce un nuovo movimento. Anche in questo caso sento molti dire che il governo che nascerà sarà destinato a cadere. Ma è una previsione dettata dal fatto che è appena caduto il governo Draghi.

Credo che avremmo molto da guadagnare da governanti capaci di una visione più mobile e  rivolta in avanti che non si lasci impaludare da ragionamenti troppo astrusi. Alessandro vinse tutto perché era così.  Ma poiché ne abbiamo paura, abbiamo pensato di rifugiarci entro strutture burocratiche, che sembrano dare la garanzia con la loro impersonalità di rimuovere il fattore umano.

L’unione europea è stata concepita così. È stata tenuta lontana dagli sguardi delle popolazioni europee per lunghissimo tempo. Ma con il covid ha dovuto compiere la prima rivoluzione copernicana:  si è dovuta piegare di fronte all’evidenza e attuare azioni che non aveva messo in programma. Poi si è trovata di fronte alla guerra ed è stata veloce nelle dichiarazioni ideali, ma la scopriamo lentissima nella capacità di agire a difesa delle popolazioni europee colpite.

In questa fase fatica a far fronte con duttilità e velocità alle speculazioni sul prezzo del gas. Si avverte che anche indire una riunione urgente che di solito veniva programmata con mesi di anticipo è un vero problema. Ma prima o poi dovrà fare i conti con una realtà che richiede agilità e tempestività. Ogni giorno che passa causa un danno alle sue popolazioni e si deve agire presto.

Le strutture burocratiche sono addestrate a fare una programmazione per il futuro molto dettagliata, che si nutre anche di sentimenti di onnipotenza. Perché i programmi dettano ordini  e norme rigide ai cittadini, definite nei minimi dettagli.

Il problema è che i programmi non tengono conto dell’incertezza del futuro,  non tengono conto di ciò che potrebbe realmente accadere. E delle diversità dei paesi.

Che manchi la sensibilità per le possibili evenienze del futuro, si avverte persino in casi nei quali la conseguenza che si manifesta era altamente prevedibile. Prendiamo ad esempio la questione delle sanzioni alla Russia. Era assai prevedibile che si sarebbe avuto il rialzo dei prezzi del gas e anche le speculazioni che accompagnano sempre la scarsità di un bene prezioso.  Eppure mentre si decidevano le sanzioni, si distoglieva lo sguardo dai possibili effetti. Solo a quando le persone comuni hanno ricevuto le bollette si è posto il problema nella sua reale drammaticità.

Io penso che in questa difficoltà dell'Europa, che molti popoli europei sentono come freddezza, giochi molto l’estrema lontananza fisica tra gli uffici che prendono le decisioni e la gente comune. Ed è probabile che l’algida rappresentazione che Bruxelles si è fatta del suo ruolo e dei suoi compiti cederà il passo a una visione più pragmatica e concreta, e che diventerà pienamente consapevole del suo ruolo politico, quando i  popoli europei avranno imparato la consuetudine, quando non si sentono ascoltati, di andare fisicamente a Bruxelles a esprimere le loro richieste al governo europeo. E lo spingeranno a essere più audace, più veloce,  nel guidarli e difenderli. E' la richiesta che produce la risposta.

In passato i contadini andavano a protestare sotto il castello. Nell’epoca dell’esaltazione del mondo virtuale siamo tornati alle pallottole vere, ai carri armati, ai problemi energetici che ci mettono in reale pericolo: e la necessità di una vicinanza fisica tra i cittadini e i suoi rappresentanti ritorna a porsi in primo piano.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (la nave di Teseo 2020), 1989-2019 Il rinnovamento del mondo (La nave di teseo, 2021)

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