Se ne vanno i fondatori
Sembra che in questo periodo, anno dopo anno, mese dopo mese, ad uno ad uno muoiano i grandi uomini del passato, quei fondatori che hanno dominato la vita politica, artistica, culturale del periodo in cui l’Italia, paese povero, uscito dalla guerra si è trasformata in una potenza industriale e in una protagonista della vita internazionale.
E ci vengono in mente subito i grandi imprenditori che hanno saputo creare una nuova impresa che si è poi ingrandita conquistando mercati esteri come Olivetti, Ferrero, Barilla, Ariston, Tods, Luxottica e nella moda Armani. Lo stesso nel giornalismo, pensiamo a Spadolini, a Scalfari, nella letteratura a Tomasi di Lampedusa e a Umberto Eco. Abbiamo detto uomini, ma qualche volta anche donne, come nel campo scientifico Margherita Hack e nel campo artistico attrici ammirate in tutto il mondo come Anna Magnani, Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Raffaella Carrà. E per quanto riguarda gli uomini, grandi registi come Federico Fellini, Sergio Leone, Bertolucci, scenografi come Dante Ferretti, artisti come Giancarlo Giannini, musicisti come Sergio Morricone.
Tutti questi protagonisti sono rimasti sul ponte di comando, alla ribalta, come simboli di capacità creativa e di italianità. Perché, pur essendo noti in tutto il mondo, essi conservavano fortissima l’identità nazionale a cui conferivano orgoglio e prestigio. Ora che ad uno ad uno muoiono (di solito ultra ottantenni) vengono ricordati come i grandi italiani che purtroppo non vengono rimpiazzati da figure di pari capacità e fama. È come se si esaurisse una intera generazione di fuori classe e finiti loro non resta più nessuno. Ci sembra che quelli di oggi in confronto a loro siano dei mediocri.
E per di più la stessa cosa ci pare avvenga un po’ in tutti i paesi occidentali. Dove sono i grandi politici, i grandi scrittori: Ken Follett, Stephen King? I protagonisti creatori di imperi sovranazionali, i satrapi o, come li chiamano i russi, gli "oligarchi": come Zuckerberg, Jobs, Soros, Bezos?
Nuovi protagonisti spersonalizzati e mondializzati
Già questa ultima considerazione ci consente di stabilire una differenza essenziale fra gli antichi e nuovi protagonisti. Gli antichi pur operando su un mercato mondiale e a livello internazionale erano radicati in una nazione, con una tradizione, una storia, un apparato statale. Erano cioè prima di tutto italiani, francesi, tedeschi e dovevano affermarsi nel loro paese, diventare celebri, desiderati, stimati, li. Invece gli attuali "oligarchi" sono di solito americani ma in realtà non sembrano avere patria. Se Armani vendeva cose italiane, Amazon vende le stesse cose dappertutto. Ha una identità, una produzione e una distribuzione non nazionale ma mondiale. E il suo capo è un capo finanziario. Agnelli come Barilla era il padrone della sua impresa ed a lui che guardavano tutti i suoi dipendenti, i suoi consumatori e i suoi prodotti. Ancora oggi è come se Armani i suoi vestiti li producesse lui personalmente.
In sostanza il personaggio noto e famoso di un tempo, era l’artefice del successo nazionale dell’impresa. Era l’ideatore, il costruttore, il capo, il simbolo della sua creazione e del suo prodotto. Diego della Valle era l’artefice delle scarpe, come Eugenio Scalfari di Repubblica.
Oggi questo tipo di personaggio non può più sorgere a livello nazionale, ma solo a livello mondiale, quindi senza identità etnica e politica. È un puro “fondo” una pura entità finanziaria come persona reale potrebbe non esistere nemmeno. Non ci sono più le condizioni economico sociali e lavorative per creare una nuova impresa che si afferma sul mercato italiano, batte la concorrenza locale poi dilaga nel mercato mondiale.
Se resta, resta a livello nazionale, se no viene delocalizzata o comperata da una sovranazionale. I grandi personaggi che scompaiono perciò sono i costruttori della prima ora e non vengono rimpiazzati, sostituiti da manager, burocrati, multinazionali.