La nostalgia del sacro

26 Dicembre 2023



La nostalgia del sacro
La nostalgia del sacro

La nostalgia è forse il segno più caratteristico del sacro. Nostalgia del periodo divino degli inizi, dell’età dell’oro, della vicinanza, della contiguità con il divino. Il sacro originariamente era colto negli elementi della natura, perché quello era il mondo in cui l’essere umano si rispecchiava e si riconosceva.

Una particolare roccia, un albero che per forma o grandezza o posizione si distingue dagli altri, un luogo dove il fulmine ha colpito, hanno ormai perso la loro naturalezza, non sono più come gli altri. Ad essi l’uomo arcaico attribuisce il carattere di sacro. A volte è proprio la loro funzione o qualità a renderli tali. Pensiamo alle fonti, ai pozzi e ai culti di purificazione che si sono originati intorno all’acqua. La simbologia acquatica è connessa in particolare all’elemento femminile, alla fertilità, alla gestazione, con tutto il corredo di elementi correlati: la notte, la luna, il mare, le creature marine come il pesce, la conchiglia e in essa, la perla. La perla che anche oggi le donne indossano, racchiude la simbologia del femminile e del mondo acquatico. Tutto quello che nel buio si trasforma e germina, che è portatore di vita, nelle culture più antiche è sacro ed è un carattere del femminile.

In seguito si affermerà la simbologia della luce e con la nascita delle città e la vita stanziale, diverrà fondamentale indicare e celebrare la propria origine. Allora il punto esatto è quello in cui nasce la città. Nel mondo romano quella dell’origine, della certezza di nascita è un'ossessione:  l'ossessione di un popolo stanziale che si contrappone agli altri, in particolare ai popoli nomadici, ad esempio gli Unni, che vivono sui carri, che si spostano continuamente, che sui carri partoriscono i figli e non hanno un luogo dove possano dire di essere nati. Questo non luogo ai Romani fa orrore. Ed è l’elemento stanziale ad aver prodotto l’esigenza di costruire monumenti per distinguere il luogo del caos, dell’informe, da quello ordinato della città cinta da mura e protetto.

Se per i popoli nomadici il riferimento per eccellenza è il sole in continuo movimento, per le culture mediterranee stanziali è fondamentale il luogo in cui si oggettiva la propria appartenenza. Ulisse intaglia il letto coniugale nella radice di un albero di ulivo e questo costituisce il patto sacro per il quale non dimentica il richiamo del talamo che attraverso l’ulivo è diventato sacro. Il letto coniugale è scavato nell’albero e indica un punto preciso della terra al quale dovrà tornare. Ma in seguito il luogo biologico-naturale non sarà più sufficiente. L’uomo costruirà civiltà differenti e ogni gruppo umano dovrà riconoscersi in proprie credenze, regole, simboli che rappresentano il collante, l’appartenenza di ciascuno alla sua collettività. Ed è allora che non sarà più sufficiente determinare l’origo, ma occorrerà rappresentare attraverso monumenti e oggetti d’arte i propri simboli. Monumento sacro e arte sacra si incontrano.

Il passaggio dagli uni alle altre è mediato dai monumenti funebri come aveva intuito Bachofen. Prima, le tombe, primi luoghi sacri. Poi  i luoghi del sacro vengono distinti dai luoghi di sepoltura e morte. In Sardegna è molto chiara la distinzione e anche la necessità dell’incontro di queste due profondissime realtà. In età pre-nuragica si diffondono le tombe scavate nella roccia, le  Domus de janas; in seguito la cultura nuragica si esprimerà attraverso le Tombe dei Giganti dove, come attesta Aristotele, ci si recava per curarsi dalle ossessioni. Luoghi di sepoltura che erano anche luoghi di guarigione. In aree ben distinte la cultura nuragica edificò i Pozzi sacri, dove si compivano riti collettivi legati alla sacralità delle acque. Il mondo cristiano ha raccolto questa eredità scegliendo di erigere le chiese in prossimità delle fonti e dei pozzi sacri, dando continuità in questo modo alla simbologia della fertilità e della nascita, cioè della vita. il Cristianesimo costruendo le chiese, non ha distrutto le antiche fonti e i pozzi,  ha rispettato l’antica percezione dei luoghi di guarigione e l’ha unita con la fede cristiana. Mondo sacro naturale e mondo sacro religioso si uniscono. Entrando nella chiesa del Santo a Padova sono rimasta colpita dalla frequenza con cui si ripropone negli affreschi la figura femminile con il bambino, perno della religiosità cristiana basata sull'amore e continua fonte di ispirazione e suggestione dell’arte sacra.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (Aracne 2020).

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