Vi sono delle persone che quando hanno svolto un compito molto impegnativo che ha chiesto loro energia attenzione e impegno, quando lo hanno finito e finito bene, in modo eccellente, sono presi da malinconia. Non sono malcontenti di ciò che hanno fatto, anzi lo apprezzano. Ma hanno una impressione di generale inutilità. Adesso gli appare inutile il loro lavoro che prima dominava la loro mete e di cui parlava con tutti che li ascoltavano interessati e curiosi. Ma adesso che il lavoro è finito, il costruttore lo vede svanire. Prima era vivo, interessante, inconfondibile, ora una cosa fra le altre. Sta diventando oggetto di uno sguardo distratto o di aperto disinteresse. Sta diventando un cadavere rispetto ad altri cadaveri.
Tutto ciò che è finito, terminato, esce dal mondo vivente e viene messo al suo posto come un libro in una biblioteca, un fascicolo in uno schedario, una casa fra le altre case, Quel malcontento, quella tristezza sono la consapevolezza della la perdita della sua inconfondibile unicità, del suo interesse del suo emergere all’essere e il suo degradarsi a “come tutto il resto”.
E di cosa avrebbe bisogno allora il costruttore, il creatore che ha finito l’opera quando l’ha consegnata? Che tutti lo applaudano, l’ammirino, vedano in lui l’artefice, gli diano collettivamente il riconoscimento dovuto. Ecco perchè ci sono i festeggiamenti e le inaugurazioni, ecco perchè i romani concedevano ai vittoriosi il trionfo.
Il trionfo colloca la tua opera nel futuro, nitida nel suo valore agli occhi di tutti e per sempre. E questo placa il realizzatore, il costruttore. Ma quando non c’è mai il trionfo, il riconoscimento, allora le persone vengono dominate dalla tristezza perché vedono la loro stessi e la loro opera diventate inutile e dimenticata. E non basta un semplice “bravo complimenti” questo non fissa il suo valore nel tempo, in modo che tu possa contemplare te stesso e la tua opera felice.
Chi sa apprezzare l’applauso e il trionfo potrà rivedersi trionfante anche nel futuro. ed esserne orgoglioso. Chi invece non viene esaltato o si rinchiude in se stesso non potrà fermarsi a contemplare gioioso ciò che è e ciò che ha fatto, la sua mente viene subito occupata da qualcosa d’altro, un compito, un problema, una improvvisa curiosità, un rimprovero, ma non dalla pienezza del vivere,
E la persona che non crede nel suo valore, che non spera nel futuro e non è capace apprezzare il riconoscimento, non saprà darlo agli altri perchè non capisce il loro bisogno. Così quando essi si aspettano un ringraziamento e un elogio, lui li delude e li rende malcontenti. Si crea così un circolo vizioso che è difficile interrompere.